Storia di una comunità rurale nelle Sei Miglia di Lucca
Chiesa di San Prospero
Chiesa di San Michele
Vicende Costruttive: La Chiesa - La Canonica - Il Loggiato - Il Campanile
Gli Interni: Altare senza precisa localizzazione - Altare di Sinistra navata centrale - Altare di Destra navata centrale - Le Volte
Altare Maggiore - Il Coro - Il Transetto - Altari del transetto scomparsi - Altare a destra: di S. Biagio - Altare a sinistra: di S. Sebastiano
Arredi Sacri
Il Cimitero - Croce Penitenziale
Le Marginette
Chiesa di San Prospero Martire
I primi accenni all’esistenza di un piccolo paese sono legati all’esistenza di piccole Chiese o edifici religiosi, perché detti erano legati agli interessi privati e iniziavano a divenire il punto di riferimento per la comunità che abitava la zona.
Le prime chiese a Lucca nel periodo Longobardo e successivo, erano quasi esclusivamente fondate da privati, che donavano i propri beni alla fondazione di questi primi edifici che spesso venivano edificati direttamente sulle terre che possedevano. Per i primi tempi poi, avevano la gestione dell’amministrazione compreso la nomina dei rettori, di dette chiese e solo successivamente passavano sotto il dominio del Vescovo di Lucca.
La prima pergamena che parla di Antraccoli risale al 718, in quel periodo era vescovo di Lucca Talesperiano, il quale, conferma all’accolito Maurino il possesso e governo della Basilica (nel testo è scritto così, ma meglio dire Chiesa) di S. Prospero martire di Antraccoli e i beni annessi a detta chiesa, poiché detto Maurino si era distinto negli ultimi tempi nel servizio fedele che prestava a detto Vescovo. Questa conferma è fatta allo stesso modo a quella che era stata fatta anche al padre di detto Maurino, chiamato Marino e già morto.
Talesperiano poi vietò ai suoi successori, ed a chiunque del Clero, di aggiungere nessun aggravio, o di ordinare a quella Chiesa qualche altro ecclesiastico; ma volle che il detto Maurino avesse sempre il diritto di dimorare all’interno degli edifici di detta chiesa. Maurino divenne poi Prete, e fu confermato in quella Chiesa dai Vescovi posteriori.
Della chiesa di San Prospero non sappiamo da chi e nemmeno quando fu fondata, in questa prima pergamena era già passata sotto il dominio del vescovo di Lucca. La grande “potenza” di questo luogo ha fatto si che rimanesse come toponimo fino a noi, infatti sappiamo dove fosse ubicata a grandi linee.. nella zona chiamata appunto “Al San Prospero” ma non è rimasto più nulla se non il toponimo.
Soffermandoci su queste scarne notizie, si sa intanto che vi era una chiesa, se non proprio una basilica… almeno una Chiesa c’era già e che i beni di questa Chiesa erano già stati assegnati in gestione, al padre di Maurino ovvero Marino.
E’ verosimile che questa chiesa fosse presente in paese almeno dalla fine del 600, molto prima dell’arrivo presunto del Volto Santo a Lucca (742) mentre doveva essere stata dismessa e abbandonata già in tempi antichi e di lei non è rimasta nessuna traccia.
“Erano sue tributarie le ville di Antraccoli, Spinatico, Tempagnano, Monaciatico e Picciorana” ovvero erano assoggettate a questa chiesa.
Nel 988 è distrutta come risulta dalla pergamena dove viene detto “… in Antraccule prope fundamentum eccl. cuius vocabulum fuit S. Prosper” sicchè nel giro di questi due secoli la chiesa era già stata distrutta, forse anche a causa della nuova fondazione della chiesa di San Michele.
Perché San Prospero?
Prospero martire era un nobile soldato romano che si convertì al cristianesimo donando tutti i suoi beni ai poveri e subì il martirio per decapitazione durante la grande persecuzione sotto Diocleziano verso il 304. in Lucchesia oggi è rimasta soltanto la Chiesa di San Prospero di Tempagnano di Valdottavo.
La conversione dei longobardi al cristianesimo si può far risalire successivamente la morte di re Grimoaldo morto nel 671. La conversione dall’arianesimo non fu immediata, ma venne facilitata tramite l’inserimento di culti vicini alle tradizioni longobarde, un esempio su tutti il culto dell’Arcangelo Michele guerriero (sorsero infatti anche molte chiese con questa intestazione – vedi appunto la chiesa di Antraccoli ancora oggi presente).
A Lucca in particolare, venne introdotto il culto di San Regolo martire, il corpo di San Regolo venne addirittura traslato da Populonia in San Martino, questo perché, si preferiva venerare direttamente le reliquie dei Santi in modo da rendere meno astratto il culto e la Cristianizzazione.
(Fonte: G. CONCIONI Vescovi e Canonici a Lucca tra Longobardi e Franchi, Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti, Edizioni ETS, Pisa 2007 – Pag. 19)
Chiesa di San Michele
777 d.C.
Le vicende della Chiesa di S. Michele di Antraccoli iniziano molto presto come già detto nella sezione relativa l’alto medioevo, nel 777 Alateo che era figlio di Ermiteo entrambi abitanti di Antraccoli, decise di fondare una Chiesa dedicata a San Michele Arcangelo, su dei terreni di sua proprietà, che aveva nella zona di Interaccule appunto.
Fonda la detta chiesa e le offre anche i suoi beni compresi una casa con granaio fienile e orto.
Quindi la nostra chiesa ha oltre 1240 anni!
Chiaramente quei primi albori di cristianesimo e i secoli successivi pieni di instabilità politica e sociale, non devono farci immaginare la fondazione di una cattedrale. Come per quanto detto per la chiesa di San Prospero anche quella di San Michele doveva di poco discostarsi dalle prime chiese Longobarde di cui abbiamo alcuni esempi nel nord Italia. (vedi l’esempio nel capitolo relativo la chiesa di San Prospero)
1066 d.C.
Della prima chiesa (a meno di futuri scavi archeologici) non ci sono più tracce, anzi dai documenti, troviamo nuovamente accennata la Chiesa di S. Michele di Antraccoli soltanto nel 1066, 289 anni dopo, questo perché era ancora utilizzata e riferimento della nostra comunità la chiesa di San Prospero che era assai più vecchia e radicata nella cultura dei fedeli.
1161 d.C.
Tanto è vero che il documento successivo è di quasi 100 anni dopo, nel 1161, quando abbiamo notizia che la chiesa di San Michele era retta da una fraternita di persone, presumo non presbiteri ma laici, che acquistano un pezzo di terra in Campo Rolandi (Campo Orlandi) a nome della chiesa.
1184 d.C.
Il documento successivo del 1184 fu stipulato proprio nella “casa” dell’opera di San Michele di Antraccole presso la stessa chiesa.
1236 d.C.
Nel 1236 Bello e Dialta sua moglie, che sono conversi della chiesa di San Michele giurano di consegnare tutti i loro averi al rettore della Chiesa di Antraccoli prete Tedesco. Si iniziavano così ad implementare i beni posseduti dalla nostra chiesa.
1237 d.C.
Vengono citati altri che sono operai della chiesa ovvero: Bonfante, Albertino e Riccio e nello stesso anno ad agosto il rettore di S. Michele è sempre prete Tedesco a cui Bonaventura di “Sambuco” chiede il pagamento di un paio di stivali che gli aveva venduto.
1260 d.C.
Nel famoso estimo della diocesi di Lucca datato 1260 la nostra chiesa era stimata lire 80. (confrontandola con altre chiese vicine: Picciorana era stimata lire 90, Tempagnano lire 110 e Capannori lire 370).

Con i secoli i terreni di proprietà della chiesa si ampliano, penso soprattutto tramite le donazioni “mortis causa”. Per i primi terrilogi o parti di essi, conservati presso l’archivio della parrocchia di Antraccoli bisogna arrivare al 1496. (da verificare se presso l’archivio Diocesano ce ne siano di più antichi).
Questo è il martilogio conservato ad Antraccoli, scrittura bellissima!
Si noti come le due chiese di Antraccoli e Tempagnano fossero già unite addirittura qui si dice “in perpetuo” per arrivare a una nuova indipendenza ci vorranno molti molti anni e richieste da parte di entrambe le parrocchie.
In nomine Domini Amen. Hoc est Martylogium
seu Metrogegraphium in quo continetur omnes
terre predia domus et alia bona immobilia spectam
tra et pertinentia ad ecclesiam Sancti Michaellis
de Antracholis sex Miliariorum Lucensis civitatis
et Diacesis, nec non ad altare Sancte Marie siti in
dicta ecclesia, et ad ecclesia Sancti andree de tempa
gnano, ipsi ecclesie sancti Michaellis canonice perpetuo
unita et annexa: plebierii Lunate eius dem diocesis
scriptus compositum et ordinatum pro me Jacobum
filium pauli francisci balbani de Lucha quem ad modum
reperi in quodam alio Martylogio vetusto ipsius ecclesie
in quo scripte erant omnes dicte terrae et bonam descripta
et exemplata et libris Mensurarum terraumi et stentibus
in archivio et Camera librorum Magnifici Lucensis Comunis
compositis anno Nativitatis Domini MCCCCXI et XII
Licet in hoc novo non fuerit idem ordo servatis qui
fuerat in vetusto, aliis quod bonis additis quem postea
ad dictam ecclesiam insto titulo pervenerunt scriptus quam
est liber hic Anno Nativitatis Domini MCCCCLXXXXVI
Mense Maio.
Della nostra chiesa parlò anche il Ridolfi Enrico, che nella guida che fece sulle chiese della provincia di Lucca descrisse così la nostra chiesa:
"Accenneremo la chiesa di San Michele d'Antraccoli elevata dai fondamenti di Alateo del luogo stesso, nell'anno 777, terzo del Regno di Carlo sulla Lombardia, nel suo proprio territorio (in proprio territurio, meo in suprascripto loco Intracchule); e dal ui dotata, per salute dell'anima sua. La chiesa che ora vediamo assai vasta ha forma di croce latina a una sola nave; è ammodernata all'interno, ma all'esteriore se ne vede ancora la costruzione in pietre squadrate disposte regolarmente a filari e avente al basso uno zoccolo con molto semplice cornice. La parte superiore, non può sapersi come fosse coronata in origine giacchè da poco più della metà in alto la chiesa fu ricostrutta (e provabilmente rialzata) con muramento in laterizio. Questo restauro è però assai antico e finisce in una cornice di mattoni a denti di sega posti su due ordini separati da un listello. Anche l'abside semicircolare si vede rialzata due volte, ed il tergo della crociera a sinistra è tutto in laterizio. L'abside conserva però tuttavia le tre antiche finestrelle, con l'antica forma [...]torno sebbene sieno state poi rivestite attorno di un bozzato. Non più sussistono quelle d' fianchi, ridotte a forma rettangolare quando fu ammodernato l'interno di questo secolo.
La facciata cui è stato nel 1600 appoggiato un porticale, era semplicissima; ha le spallette della porta ornate di capitello intagliato a foglie e volute e sotto al culmine del tetto si vede ancora la croce sfondata in tutta la grossezza del muro, avente il braccio verticale maggiore dell'orizzontale; è finita come il fianco, da una cornice di mattoni che segue le pendenze del tetto.
La fabbrica. però, anche nella parte più antica, non è più quella che erigeva Alateo d'Antraccoli, ma ha dovuto esser rifabbricata dopo il 1000 e forse poi diroccata nelle feroci escursioni nemiche, fu riattata nel finir del secolo XIV."
(E. Ridolfi - estratto dal volume Basiliche medioevali della Provincia lucchese - Milano 2003 - pag. 134, 135)
(Disegno a matita su cartoncino di Giuseppe Matraia conservato alla Biblioteca Statale di Lucca manoscritto 556, Guida monumentale della città e diocesi di Lucca fino a tutto il 1860 - c.94r)



Vicende costruttive
LA CHIESA
La struttura della chiesa di San Michele Arcangelo che vediamo oggi è della fine del 1500, la struttura primitiva non doveva essere troppo differente dalle chiesette che i Longobardi avevano edificato anche nel resto dell’Italia settentrionale, non essendo una basilica doveva avere modeste dimensioni.
Le modeste dimensioni si sono mantenute fino all’ampliamento e alla costruzione della chiesa attuale.
Se guardiamo la facciata della nostra chiesa, nella parte sinistra sopra il portico, c’è il profilo dell’antica facciata molto più piccola e bassa di quella di oggi.
Come riportato nel volume Lucensis Ecclesiae: I primi interventi documentati all’edificio sono relativi al rifacimento dell’abside, eseguiti agli inizi del XVI secolo dai maestri Biagio e Masseo:
- 1500 “a maestro Biagio e maestro Masseo per pietre del coro lire 64 soldi 16”;
- 24 ottobre 1500 sono registrate “a maestro Masseo per pietre del coro lire 14”
- 9 gennaio 1501 “a maestro Biagio spese manifattura coro lire 14… ecc” (AAL Sindacati n. 4 c. 307 v).
- 1527 iniziarono i lavori per un radicale cambiamento della fabbrica che venne ampliata e pressoché completamente ricostruita. Nei circa 30 anni di durata di questo intervento fu risparmiata la vecchia facciata della chiesa, che venne ingrandita verso settentrione e sopraelevata. (CONCIONI, FERRI, GHILARDUCCI Lucensis Ecclesiae Monumenta, Archivio Arcivescovile di Lucca, Pacini Fazzi, 2008 - pag. 306).
La vecchia chiesa aveva una facciata di circa 7,80 metri, non possiamo sapere se fosse con pianta a croce o semplicemente rettangolare. In lunghezza doveva essere circa 18 metri, con un’abside all’altezza dell’attuale fine della navata della chiesa di oggi.
La facciata aveva anche un piccolo rosone e sopra il portone, del quale si intravede la posizione nella muratura al riparo del portico, doveva esserci anche una lunetta.
Il tetto probabilmente era a vista a capriate di legno, con le travi che poggiavano sulla muratura come si vede ancora dalla posizione dei mattoni.

Ricostruzione ipotetica della facciata


Ricostruzione ipotetica della facciata
Abbiamo un piccolo disegnino della nostra chiesa all’interno dell’estimo del 1519, la cui interpretazione è vaga; prima di tutto non sappiamo se il disegno rappresenti la realtà; comunque, la chiesa doveva avere una facciata con tetto spiovente; quindi, o questa è la veduta laterale della chiesa, o non è fedele alla realtà. L’unica cosa che mi sento di appoggiare è la fattezza del campanile, come si vede doveva essere molto alto e coperto a tetto, un po’ come i campanili che ancora oggi vediamo in lucchesia, io ad esempio me lo immagino come il campanile della chiesa della SS. Annunziata, e se interpretiamo il disegno alla lettera doveva avere due serie di bifore e una campana.
(Anche il portico all’Annunziata è molto simile a quello di Antraccoli).

- 1536 vengono assegnati lavori a mastro Agostino del fu Battista Bertolani di Brancoli stimati lire 173
(As.Lu., Notai prima parte, Ser Giovanni Burlamacchi, vol. 2157, carta 391)
- giugno 1539 affidati lavori sempre ad Agostino di Battista Bertolani di Brancoli
- dicembre 1539 gli operai Giuliano di Baldassare Martinelli e Jacobo di Domenico Tofanelli promettono di pagare a detto Agostino lire 358 per i 3 anni di servizi di muratura per detta opera (1537 – 1538 – 1539).
(As.Lu., Notai prima parte, Ser Landuccio Landucci, vol. 2168, carta 363)
- dicembre 1539 viene incaricato dagli operai come muratore mastro Francesco del fu Angelo Pierini di Brancoli.
(As.Lu., Notai prima parte, Ser Landuccio Landucci, vol. 2168, carta 362)
- 1543 lo stesso Francesco Pierini richiedeva a detta opera di ricevere il compenso di 41 scudi d’oro.
(As.Lu., Notai prima parte, Ser Pietro Tucci, vol. 2478, carta 75)
- 1546 siamo quasi alla fine della costruzione perché vengono incaricati i muratori della realizzazione delle volte che copriranno la croce della chiesa dove è il coro e ai due lati di detto coro.
(As.Lu., Notai prima parte, Ser Pietro Tucci, vol. 2481, carta 155v)
Di seguito l’atto:
13 settembre 1546
Jacopo di Domenico Tofanelli e Ambrogio di Marco di Antraccoli moderni operai dell’opera di S. Michele di Antraccoli incaricano Mastro Andrea di Giovanni di Cambio muratore e cittadino di Lucca e
Mastro Valentino di Paulo Garbocci di Antraccoli muratore di fabbricare e costruire in detta chiesa di S. Michele le volte ai lati e in fondo sopra la croce di detta chiesa ovvero sopra il coro e ai due lati di detto coro e dette volte dovranno essere arricciate (intonacate), scialbate e imbiancate e i muri. Applicando sotto a dette volte dei quadrucci di cotto e facendo la scala di pietra di marmo per … la croce di detta chiesa ovvero longitudinalmente.
per pagare detti mastri l’opera promette di pagare tramite:
Lorenzo Tognetti staia 4 e mezzo di grano
Biagio Natucci Staia 4 e mezzo di grano
Giuseppe Pelli staia 3 e mezzo di grano
Paulino di Leonardo Colombini staia 4 di grano
Giovanni Fanucchi staia 6 di grano
Nicolao Casentini staia 4 di grano
Andrea di Matteo Silvestri staia 11 di grano e quarra 1 di grano
Giuliano Martinelli staia 20 di grano e quarra 3 di grano
Antonio di Giovanni Martinelli staia 3 e mezzo di grano
Matteo Martinelli staia 1 grano e quarra 3 grano
Paulino di Leonardo Garbocci staia 23 grano
Jacopo Martinelli staia 2 e mezzo di grano
eredi di Alessandro Tofanelli staia 17 di grano
Luca Guidi staia 1 e mezzo di grano
Pietro Tofanelli staia 1 e mezzo di grano
Michele Tofanelli staia 1 e mezzo di grano
Meo Bertolucci staia 5 di grano
Giovanni Cataldi staia 5 di grano
Michele Garbocci staia 8 di grano
Paulino di Biagio Garbocci staia 6 di grano
Pierotto Garbocci staia 7 e mezzo di grano
eredi di Domenico di Biagio Garbocci staia 7 e mezzo di grano
Jacopo Tofanelli staia 4 e mezzo di grano
Nardo di Michele Tofanelli staia 11 e mezzo di grano
ogni anno nel mese di luglio iniziando dall’anno 1546
- 1551 i detti muratori chiederanno i pagamenti arretrati alla detta comunità in quando diversi abitanti non avevano versato la propria parte.
(As.Lu., Notai prima parte, Ser Pietro Tucci, vol. 2486, carta 472)
- aprile 1552 viene incaricato anche un altro muratore Luca di Ambrogio di Lugano.
(As.Lu., Notai prima parte, Ser Pietro Tucci, vol. 2487, carta 116)
Consultando i vari libretti di resoconti di spesa ho trovato un appunto relativo al 1741 dove l’operaio annota che erano stati pagati dai debitori lire 31 che servirono: “qual somma di denaro spesa fu stimata necessaria farsi per riattare, e assicurare la volta, che per un terremoto (credo fosse il terremoto che colpì Lucca il 6 marzo del 1740) aveva molto patito, ed erasi aperta sopra l’organo. La maggiore spesa fu nell’assicurar la … a rimettere di nuovo le catene sopra detta volta, acrescere di peso quelle che erano sotto, e poi aggiungere nei bracci, e tutto il muro di cima in fondo cingerlo con doppie catene ben materiali, quali restano incassate nel muro. E con quest’occasione si è decentemente ornata di… tanto che abbia propria, e decente forma… si è fatto con denaro preso a censo, come può vedersi dal libro de Sindacati dell’anno 1742. Voglia Iddio che una spesa così eccessiva sia per essere sufficiente per impedire altre rovine, che a giudizio de periti può cagionare il campanile che collocato malamente sopra il muro della Chiesa con un continuo moto può di nuovo pregiudicarlo giachè si crede, che il campanile avesse già poco a poco scomposta la fabbrica, …. del moto le desse quella rovina maggiore.
(Archivio Parrocchiale Antraccoli, Miscellanea 11, A, d)
LA CANONICA
Durante i lavori della chiesa, si procede anche alla ristrutturazione della canonica.
- 5 settembre 1558 i due operai dell’Opera di S. Michele di Antraccoli affidano ai muratori mastro Andrea di Carobbio (Andrea di Giovanni Assellini di Lugano o Carobbio) e Mastro Francesco di Gio Maria di Savosa (Francesco di Giovanni Maria Agostali di Savosa) di fabbricare e fare per la detta opera:
demolire la canonica e la casa vicina a detta chiesa e fare tutta la sala della canonica e il portico aperto dietro la sala verso levante, e dietro sacrestia e camera e forno che si rinnova al presente in detto loco e fonda di nuovo e si fa detta sacrestia e canonica di buoni muri ordinari con sette camere tra il terreno e il primo piano, con ciglieri sotto la sacrestia, quale sacrestia si abbia a fare in volta sotto e sopra e i solai ordinari e coperti e con pareti a detta canonica, camere e sacrestia e fare di nuovo il tetto a detta canonica e edifici di buoni legnami e materia secondo il disegno fatto quale è appresso come vogliono i detti operai e il canonico della cattedrale di Lucca. Tutto a spese di detti muratori sia della materia che serve per detti lavori. Per tutto viene promesso di pagare ai due muratori 124 staia di grano, suddiviso tra i diversi abitanti di Antraccoli.
(As.Lu., Notai prima parte, Ser Pietro Tucci vol. 2493, carta 192)
- 1 febbraio 1577 passano oltre 20 anni e la canonica viene di nuovo messa in subbuglio, gli operai dell’opera incaricano Mastro Bastiano di Marco Vannutti da Saltocchio muratore (l’anno prima l’incarico era stato affidato a mastro Vincenzo figlio di Mastro Salino poi revocato) “afabricare e fare una canonica appresso a ditta chiesa overo quella che viè realzare et aquella accrescersi certe stanze” pagando detto muratore staia 100 di grano ogni anno per tre anni di lavoro. Di questo atto c’è anche il disegno dei lavori da svolgere.
Nell’atto cancellato dell’incarico a mastro Vincenzo venivano descritti i lavori con le relative spese:
“Nota delle spese per accrescere la canonica della chiesa di Antraccoli prima per alzare più muri e per fondarne uno, uno fra la camera e la cucina e murare più usci e finestre a grossezza come sono li detti muri sono tutti di canne 75 a lire 21 la canna sono lire 1575, più i tetti che vanno disfatti e rifatti con uno scavato di lunghezza di canne 17 e mezzo e murare più legni trasversali che sono cattivi e così embrici e tegoli e mattonelle che ci mancheno e che detto tetto accompagni l’altro e così la gronda si farà a lire nove la canna e sono tutte canne 40 montano lire 360. E più per murare più solaia che sono d’alzare circa a bracci 4 4 legni che ci manca di bracci 3 l’uno e li detti solaia sono se non tutti rotti li mattoni e ancora qualche travicello adoperarli si faranno a lire 12 la canna e sono canne 36 lire 432. E più per le solaia che sono a fare di nuovo sopra la sala e la camera e la cucina con i legni a lunghezza di bracci 17 e mezzo come sta nel disegno si farà a lire 22 la canna e sono in tutto canne 36 lire 792. Ancora se gli operai vorranno fare le finestre di pietra e semine di pietra e porta si vedrà il loro valore e così le scale con il suo tetto sopra e la scala si abbia da fare nel chiostro ai piedi del campanile tutta la somma dicendo a scudi 421 lire 2, senza le scale, le pietre, incatenatura, graticole e ferramenti. I tetti vanno disfatti e rifatti coi loro legnami e i legnami che mancheranno usando anche quelli che sono.”
(As.Lu., Notai prima parte, Ser Bernardino Parpaglioni, vol. 3011, carte 25-26)
In un documento conservato presso l’archivio parrocchiale c’è una nota lateralmente alla copia di questo atto dove si legge: “purchè i legnami siano d’abete, materiali per li tetti tutti di teuli et embrici ben cotti e mattonelle da Borgo Nuovo ben cotte”
(Archivio Parrocchiale di Antraccoli, Opera 2-3)

A questo punto la Canonica doveva avere più o meno l’aspetto di oggi, anche se gli interni oggi sono stati molto modificati, a cominciare dalla scala per salire al primo piano che è di recente costruzione, o la chiusura del porticato di cui si intuisce la struttura in zona nord verso l’orto.
Il terrilogio del XVIII secolo conservato presso l’archivio Arcivescovile, riporta un disegno ben definito e descritto che ci regala uno spaccato della chiesa e canonica in quel tempo, non è chiaro la data esatta di realizzazione di detto disegno.
"Un pezzo di terra ove è situata la chiesa parrocchiale intitolata a S. Michele di Antraccoli nella quale vi è l’altare maggiore in faccia della tribuna e 4 altari bassi posti nelle facce laterali di detta chiesa. Con sagrestia e campanile, con 2 campane et una campanella, e con la canonica ove abita il signor Rettore di detta chiesa divisa da più, e diverse stanze, murata e solariata e tutto coperto di embrici e teuli, con orto circondato da muro, e con sito che serve di passo per andare a detta chiesa, come il tutto vien definito dall’infrascritte lettere. (misura coltre 3.34)
A: Chiesa di S. Michele di Antraccoli con altare maggiore e 4 bassi.
B: Sagrestia e sopra camera
C: Retro sagrestia e sopra studio
D: Sala della canonica e sotto parte loggia e parte granaro, e sotto cantina e sopra soffitto.
E: Camera, e sotto Granaro dell’Opera, e sotto cantina della canonica.
F: Cucina, e sotto in parte loggia e sopra soffitto.
G: Scala e andito
I: Camera, e sotto compagnia della Stella di Antraccoli.
L: Campanile
M: Camera e sotto Piazzetta
N: Corticello
O: Camera e sotto Corticella
P: Cimitero
Q: Orto con frutti e pergole di vite.
R: Portico e sotto stalla e cantina.
S: Sito ad uso di passo per andare alla chiesa et alla canonica."
(A.A.L., Antichi Terrilogi, n. 20, c.1)
(disegno da: CONCIONI, FERRI, GHILARDUCCI Lucensis Ecclesiae Monumenta, Archivio Arcivescovile di Lucca, Pacini Fazzi, 2008 - pag. 306)
Della canonica come doveva essere nel XIX secolo abbiamo una descrizione dettagliata conservata presso l’archivio di stato di Lucca nella parte relativa al vecchio catasto.
“Fabbricato per uso sacro nel luogo detto Alla Chiesa n. 231 - Sezione di Antraccoli - Pianterreno. Una stanza coperta a palco per uso da tenerci arredi sacri con ingresso a Ponente e con diritto di passo dal Piazzale accanto allo stabile descritto all'articolo di stima numero 228. Pianterreno. Due stanze coperte a palco che una di entrata con porta in ingresso a Ponente e dove muove una scala di mattoni per ascendere al piano superiore e l'altra per vari usi. La prima con servitù di passo per la porzione ad uso agrario descritta all'articolo di stima numero 232 e tutte e due con servitù di passo per l'accesso alla sagrestia descritta all'articolo di stima di numero 228 più un piccolo andito parimente coperto a palco con servitù di passo per la detta porzione ad uso agrario il tutto sopra parte dell'appezzamento di numero 684. Primo Piano. Un andito dove mette la scala anzidetta e dove muove una scala di mattoni per ascendere / al secondo piano e nove stanze cioè una sala, tre a ponente della medesima che consistono in uno studiolo e due camere, quattro a levante che consistono in due stanze per vari usi, un piccolo archivio ed una camera e la nona a settentrione, sempre della detta sala, la quale serve per usi diversi, i quali membri sono tutti coperti a palco, ma l'archivio e la camera attigua sono coperti a palco morto e con stuoia ed oltre i medesimi havvi un portico, una stanza di passo per l'accesso all'organo, coperta a palco morto, un luogo comodo ed uno stanzino a vari usi con scala di legno e sopra il medesimo altro stanzino... Secondo Piano a tetto. Il ripiano dove fa capo la scala e sei stanze, che una di passo, altra per salotto a mangiare con caminetto di macigno, altra per camera con alcova, altra per pollaio, altra per cucina, e la sesta per retrocucina con forno e con luogo comodo, le quali stanze sono coperte a palco morto ad eccezione della cucina che è a tetto ed oltre la medesima havvi un terrassino e due soffitte poste una a levante e l'altra a ponente...
(As.Lu. Lucca Perizie, UTE 275, anno circa 1870)
IL LOGGIATO
IL LOGGIATO
Per il loggiato di fronte alla chiesa ci sono alcune lacune, a mio parere fu realizzato contestualmente al grande ampliamento cinquecentesco, dico questo anche perché presso l’archivio parrocchiale di Antraccoli è conservato un documento di spese dove vengono ricordate le seguenti uscite:
Spese del 1588
- Lire 21 per opere 18 di muratore a fare il muro e il portico
- Lire 15 per riempire il portico
Spese del 1589
- Lire 47 per opre 26 di muratore per rialzare il portone raccomodare il portico e rifare il tettuccio e servi il dipintore
Spese del 1591
- Lire 3 per imbiancare il portico inanti la Chiesa fra mastro manovale e calcina
(Archivio parrocchiale Antraccoli, Opera1, Sindacati dal 1587 al 1608)
Nella visita pastorale del 1680 l’incaricato descrive perfettamente la fattezza del loggiato:
“La chiesa è grande, fabbricata a una nave, con due bracci ed è tutta in volta reale. Riceve il lume da quattro finestre a tre occhi … avanti la porta della chiesa è una loggia e nel pavimento di essa sono due sepolture … contiguo alla chiesa, dalla parte di mezzogiorno, è il campanile alquanto alto”
(AAL Sacre Visite n. 51 carte 1972-1974 e in Lucensise Ecclesiae pag. 307).
L’unica ambiguità è nel disegno del terrilogio datato secolo XVIII dove non c’è nessun loggiato.
Le sepolture a destra e sinistra del portone, vengono indicate come utilizzate a partire dal 1646, prima non veniva specificato dove fosse deposto il defunto.
Ribadisco l’assoluta somiglianza del nostro loggiato con quello della chiesa della Santissima Annunziata, del loro non ho notizie se non quelle che si trovano on line dove si dichiara che il loggiato sia quattrocentesco.
Il mosaico nella lunetta che sormonta il portone della chiesa è stato realizzato sul finire degli anni ’70 del secolo scorso dal pittore Giovanni Lorenzetti.



Si nota la muratura della chiesa vecchia




Acquisto della terza campana fondendo quella rotta

IL CAMPANILE
Del campanile non ci sono mai documenti, né nell’ampliamento della chiesa né nelle varie modifiche della canonica, era sicuramente collocato a destra della chiesa con base che si vede dall’interno della corticella (dove voltandosi verso ovest, si vede chiaramente un grande arco che doveva far parte della struttura del campanile vecchio).
Nei riepiloghi di spesa degli anni 1589/90 viene però molte volte aggiustato:
- spese lire 7 per taule a conciare il solaio del campanile e per la fattura.
- spese lire 7 per tauloni a rifari il solaio del campanile.
Anni 1592/93
- spese lire 60 per rifare i solari del campanile e rimettere un trave.
12 gennaio 1594
- lire 14 e denari 8 per opre 8 di murature a rassettare il campanile per assegurare le campane.
17 febbraio 1594
- lire 12 date a Mastro Biagio per tirare la campana in campanile.
Maggio 1596
- lire 15 per rassettare, scale e solaia al campanile e rifare le stanghe alle campane.
- lire 3 per conciare il tetto del campanile per matonelle.
- lire 3 per 6 catene di castagno
26 settembre 1596
-lire 22 e denari 10 per tavole a rifare il solari del campanile canne una e mezzo per chiodi e maestria.
Nello stesso periodo venivano anche rinnovate le campane:
Anni 1591/92
-lire 9 dati al fabro che fece i ferramenti delle campane
- lire 7 denari 10 per le spese a i maestri che conciar le campane
- lire 15 per spese e merce dei stimatori delle campane
Anni 1592/93
- lire 75 per la campana nuova
Anni 1593/94
- lire 7 per la spesa ai due campanari a spostare la campana rotta
- lire 2 per portare la campana rotta a Lucca
- lire 2 per sferrare il mozzo della campana rotta
- lire 6 per opre sei ad aiutare mastro Biagio a tirar su la campana
17 febbraio 1594
- lire 165 dati a mastro Vincenzo campanaio a buon conto
- lire 112 e più un’altra partita
- lire 96 e più per tanto grano
- lire 19 e denari 4 dati a mastro Bartolomeo Magi legnaiuolo per fare il mozzo alla campana nuova ferrarla e metterla in perno.
- lire 7 denari 10 per il legno del mozzo di quercia
- lire 22 denari 10 dati al fabro che fece i ferramenti
- lire 2 denari 10 per bene andato o mancia al garzone del campanaio
- lire 8 denari 10 per un par di canapi
- lire 12 dati a mastro Biagio per tirare la campana in campanile
18 giugno 1594
viene fatto il contratto (che devo ancora trovare) con mastro Vincenzo Giorardi fonditore a cui spettano lire 270 per la campana.
Anno 1596
- lire 32 denari 10 per conciare la campana a mastro Ovidio
- lire 2 dati a un legnaiuolo che meno seco ditto mastro Ovidio
- lire 3 per opre 3 di manovale a conciare dette campane
(Archivio Parrocchiale di Antraccoli volume Opera 1 Sindacati)
A me piace immaginare il fermento che ci doveva essere intorno al campanile con queste operazioni straordinarie di sostituzione delle campane!
Non c’è nessuna certezza di come fosse fatto, dalla descrizione delle opere di rassettamento doveva essere di mattoni, con tetto a tegole, come ho detto nella descrizione del disegnino del 1519.
Dopo la metà del 1700 si decise di costruire il nuovo campanile poiché il vecchio era diventato troppo pericoloso per l’incolumità di persone e struttura.
In un manoscritto conservato un tempo presso l’archivio parrocchiale di Antraccoli ci sono le vicende che portarono alla decisione della nuova costruzione; nel 1748 il rettore si lamentava con la Compagnia della Stella dell’oscillazione pericolosa del vecchio campanile al momento del suono delle campane, si provvede allora ad abbassare le campane ma non si ebbero miglioramenti.
In maniera insensata furono addirittura cambiate le campane con due più grandi, queste provocarono ancora più danni alla struttura. Nonostante diversi pareri contrari all’utilizzo del campanile si continuò e anzi vennero suonate sempre più a lungo le campane, i campanari addirittura cominciarono a dormire in canonica e volevano poter dormire nella cameretta dell’organo (c’era il passaggio per entrare dal campanile alla chiesa all’altezza dell’organo), vennero addirittura tolti i batacchi delle campane! Finalmente il campanile fu dichiarato fuori uso nel 1761. A quel punto la scelta fu quella di abbassare il vecchio campanile e iniziare a pensare alla costruzione del nuovo, con un enorme dispendio di energie e di denaro per i paesani.
(La chiesa di San Michele Arcangelo in Antraccoli Storia e Restauro, pag. 25 PubliEd Lucca 2021)
Le vicende costruttive sono conservate nei documenti all’interno dell’archivio parrocchiale al quale non ho più potuto accedere.
Si hanno però le decisioni prese dalle adunanze della comunità in quegli anni ad esempio:
- 18 maggio 1794, si decise con decreto della comunità di erigere il campanile nuovo impegnandosi molto con le offerte, per gli abitanti fu veramente un impegno economico enorme.
- 25 maggio vennero sospesi anche i compensi dei campanari.
- 29 settembre sempre del 1794 ci fu una ulteriore delibera che decise di tassare tutti gli abitanti del paese per un importo di lire 114,19 per la durata di anni 10!
Questa la lista degli abitanti con i relativi impegni di versamento annuale:
Gio Andrea Adreani Rettore di detta Chiesa Lire 7.10
Abramo di Francesco Guidi Lire 5
Gio Jacopo di Giuseppe Guidi Lire 3.12
Jacopo di Andrea Giorgi Lire 3.15
Francesco di Vincenzo Guidi Lire 3.13.4
Gio Domenico di Vincenzo Guidi Lire 1
Luigi di Domenico Guidi detto il Sordo Lire 2.10
Gio Domenico di Domenico Ansano Guidi Lire 1.18
Sebastiano di Giuseppe Paccosi Lire 1.10
Jacopo di Gio Guidi detto il Gallo soldi 12
Antonio di Jacopo Guidi Lire 2
Caporale Biagio di Vincenzo Guidi Lire 1.10
Gio Domenico di Gio Maria Romanini soldi 12
Gio Domenico di Francesco Barsocchini Lire 1.10
Sergente Francesco di Stefano Garbocci soldi 12
Domenico di Francesco Fanucchi soldi 10
Francesco di Luca Guidi Lire 2
Matteo di Domenico Guidi Lire 1
Giuseppe di Frediano Guidi Lire 1
Michele di Vincenzo Pelli Lire 1
Lorenzo di Salvatore Giorgi Lire 2.10
Jacopo di Sebastiano Fanucchi Lire 1
Luigi di Domenico Romanini Lire 1
Francesco di Domenico Romanini soldi 12
Luigi di Marco Davini soldi 12
Jacopo di Marco Antonio Davini Lire 1
Bartolomeo di Stefano Cantieri soldi 12
Matteo di Lorenzo Donati soldi 12
Giuseppe di Domenico Tofanelli Lire 1
Giuseppe di Paolino Davini Lire 1.10
Antonio di Marco Davini Lire 1.10
Giuseppe di Domenico Pelli Lire 1
Francesco di Francesco Pelli Lire 1
Domenico Antonio di Marco Ciari Lire 2.10
Tomaso di Frediano Guidi Lire 2
Caporale Jacopo di Bartolomeo Giorgi Lire 1
Gio Battista di Michele Torre Lire 2
Gio Domenico di Domenico Guidi detto Morgante soldi 12
Gio Domenico di Davino Guidi Lire 1
Giuseppe di Bartolomeo Giorgi soldi 12
Stefano di Giuseppe Guidi lire 1.4
Domenico di Jacopo Martinelli soldi 16
Gio Domenico di Giuseppe Picchi lire 2
Gio Domenico di Alessandro Tofanelli lire 1
Pasquino di Francesco Tofanelli lire 1.4
Gio Domenico di Domenico Picchi lire 1
Gio Maria di Domenico Ansano Guidi soldi 12
Gio Domenico di Stefano Picchi soldi 12
Giovanni di Matteo Passaglia soldi 6
Frediano di Francesco Castiglioni lire 1
Domenico di Jacopo Guidi soldi 6
Giuseppe di Bartolomeo Tofanelli lire 1
Giuseppe di Bernardo Tofanelli soldi 6
Francesco di Bartolomeo Tofanelli lire 1.10
Domenico del Tenente Gio Maria Cataldi lire 1
Stefano di Sebastiano Garbocci lire 1
Giovanni di Michele Garbocci lire 3
Lodovico di Francesco Fanucchi soldi 12
Jacopo di Bartolomeo Davini lire 1
Domenico Antonio di Ansano Francesco Romanini lire 1
Stefano di Giuseppe Pelli soldi 6
Paolino di Bartolomeo Davini lire 1.10
Capitano Gio di Sebastiano Pelli lire 1.10
Gio Maria di Stefano Cataldi lire 1.10
Sebastiano di Domenico Giorgi soldi 12
Maria Pasqua di Francesco Tofanelli soldi 12
Francesco di Lorenzo Passaglia lire 1
Gio Domenico di Lorenzo Passaglia soldi 12
Gio Domenico di Marco Davini lire 1
Luigi di Vincenzo Pelli soldi 16.8
Giuseppe di Giuseppe Passaglia lire 1
Jacopo di Domenico Duccini lire 1
Francesco di Michele Torre lire 1.10
Gio Paolo di Gio Domenico Barsocchini lire 1
Pietro Antonio di Paolino Tofanelli soldi 6
Gio NN e per esso il signor Rettore lire 4
Domenico Antonio di Giuseppe Davini lire 1
Andrea di Giuseppe Davini lire 4
Carlo di Francesco Picchi lire 3
Giuseppe di Stefano Franceschi lire 2
- 1 maggio 1796 per evitare l’inconveniente che era sorto coi campanari fu deciso di vietare ogni apertura nel muro del campanile nuovo in modo da non poterlo collegare alla chiesa.
La conclusione dei lavori come dimostra la banderuola in cima al campanile, fu nel 1796; la banderuola è fissata su una grande palla di pietra la biribaola, invece sui quattro lati del tetto un tempo c’erano delle sfere di pietra chiamate biribaolini, queste pietre furono rimosse dopo un incidente che miracolosamente non ebbe conseguenze, durante un matrimonio della metà dello scorso secolo, quando uno dei biribaolini cadde sul piazzale della chiesa al momento del suono delle campane!
I biribaolini e i pinnacoli rimossi furono collocati nella cantina della canonica e credo che siano ancora là.
Nel 1797 c’era ancora la questione aperta in merito di campane vecchie e nuove, e venne deliberato dal consiglio del paese di fare fondere la campana vecchia rotta, facendone una più grande di quella integra, per la fusione di detta campana vennero stanziate lire 350.
La lapide di marmo posta alla base del campanile recita:
“MEM. AET./
AEDILITAS.COMMVUNE.SODALITATES/
AERE.CONL.A.FVND.EXCITARVNT/
AN.PVB.SAL.CIC.IC.CCXCVI./
MATTH.DOMINICIO./
ET.IOH.BAPTA.PETRIO./
FABR.MAGISTRIS.OPI.PRAEF.”
memoria eterna (o a eterna memoria)
Nel 1920, precisamente il 5 settembre 1920 fu una giornata di festa ad Antraccoli, si svolsero le celebrazioni per l’inaugurazione delle nuove 4 campane! Appena terminata la messa delle 9, il celebre oratore Marini di Pistoia salì sul pulpito per fare il discorso dell’inaugurazione delle nuove 4 campane, appena terminata l’orazione, il campanello della sacrestia dette il segnale e le quattro campane si sciolsero a festa mentre all’Altare della Madonna si dette la benedizione con la reliquia e il bacio della medesima al canto del Te Deum e così terminò la funzione. Il campanile però continuò a suonare a festa per un’altra ora!
Le campane costarono in tutto Lire 8600 ed erano la soddisfazione di tutta la gente della parrocchia e lodate molto dai paesi circostanti che ascoltavano con diletto la bella armonia di ben 4 timbri di voci che si intrecciano bellamente.
Le quattro campane furono chiamate:
I Regina del Santissimo Rosario
II San Michele Arcangelo
III San Sebastiano Martire
IV San Giuseppe sposo della Beata Vergine Maria
(Archivio Parrocchiale, Miscellanea 8 e 15)
Le campane di oggi, sono quelle che furono riposte al loro posto solo dopo la seconda guerra mondiale, il 22 febbraio del 1943 infatti le vecchie campane furono sequestrate per recuperare il metallo per i cannoni.
Una foto del 1946 ritrae il parroco di allora Don Silvio Matteucci che posa di fronte alle nuove campane in attesa della benedizione.
Presso l’archivio parrocchiale di Antraccoli c’è inoltre un contratto datato 1948 stipulato con la famosa società di campane di Lucca la Ditta Lera, che riporta la volontà di fare una terza campana per sostituire quella che già c’era ma era rotta.
12 gennaio 1948
Spettabile Comitato Pro-Campane del paese di Antraccoli
Fra i sottoscritti componenti il Comitato pro-campane del paese di Antraccoli e la ditta Lorenzo Lera di Lucca, viene a stipulare la seguente scritta privata.
La ditta Lorenzo Lera s’impegna a fondere una campana in accordo con quelle esistenti e cioè la terza campana rotta del peso di kg. 580 circa. Detta campana verrà rifusa al prezzo complessivo di Lire 160.000 ivi comprese il calco di fusione, la smontatura e rimontatura a posto con operai della ditta Lera. Nel tempo stesso della montatura verrà rispristinata la travatura delle campane.
Tutti i trasporti saranno a carico del Comitato suddetto. Verranno applicate le immagini ed iscrizioni che saranno indicate. Il pagamento sarà fatto per metà all’ordine ed il saldo alla consegna del lavoro. La ditta Lera garantisce la perfetta sonorità ed accordo con le altre campane esistenti, impegnandosi a rifonderla a proprie spese qualora a giudizio di competenti non risultasse conforme all’impiego assunto. Inoltre, da garanzia per anni due dalla consegna per rotture derivanti da difetti di fusione. Lette e confermate. Nel caso di differenze in più o in meno sul peso, verrà conteggiato a Lire 650 a kg. (questo viene ridotto a Lire 550 a kg.)
GLI INTERNI
ALTARE SENZA PRECISA LOCALIZZAZIONE
Nel 1391, come disposto dal suo testamento, Biagio di Lomoro di Antraccoli fonda l’altare di Santa Maria all’interno della chiesa di S. Michele.
(As.Lu., Notari prima parte, Ser Jacopo Turchi, vol. 230, carta 130)
Fondare un altare era usanza frequente, anziché lasciare le terre, il benefattore, dichiarava di voler fondare un altare, come nel nostro caso, per la salvezza della sua anima. La fondazione consisteva anche nella costruzione fisica del bene. L’altare diveniva quindi una “entità” a sé rispetto alla chiesa e spesso veniva “dotato” di beni, in modo da poter garantire delle rendite all’altare e di conseguenza alla chiesa stessa; quindi, all’altare di Santa Maria di Antraccoli iniziarono ad essere assegnati beni sotto forma di terreni che ogni anno avevano entrate di grano.
Nell’arco di circa 20 anni dalla fondazione l’altare aveva una decina di pezzi di terra per un totale di circa 10 coltri ovvero 5 ettari ed una casa nel cantone.
(As.Lu., Fondo Estimi, vol. 110)
Nel 1392 lo stesso Biagio, o probabilmente il figlio, acquistano dall’ospedale della Misericordia di San Luca di Lucca una terra in Antraccoli al prezzo di 95 fiorini d’oro e lo dona all’altare di Santa Maria Vergine di Antraccoli voluto dal padre, in questo modo, l’altare poteva avere delle entrate annuali.
(As.Lu., Notari prima parte, Ser Jacopo Turchi, vol. 231, carta 113)
La famiglia di Biagio era una delle più “agiate” del nostro paese ed aveva delle profonde radici storiche ad Antraccoli volendo in questo modo legare il proprio ricordo in perpetuo all’Altare e alla Chiesa.
Si pensi che già nel 1600, il rettore di allora aveva una nota con cui ricorda che è obbligato, lui come i suoi successori, a dire 10 messe la settimana presso l’altare della Madonna per l’anima dei fondatori; quindi, dopo oltre due secoli ancora la memoria era rispettata.
(Archivio parrocchiale Antraccoli)
La posizione di questo altare è incerta, è però probabile che fosse proprio nella parete di destra vista la recente scoperta dell’affresco antico dedicato proprio alla Vergine Maria.


si intravede la fessura del meccanismo che alzava e abbassava la tavola

Posta nella cappella Guinigi all'interno di San Frediano, doveva essere l'opera posta all'interno del nostro altare prima della vendita.

ALTARE DI SINISTRA NELLA NAVATA CENTRALE
Nel 1503, l’altare della “Compagnia” era già considerato quello di sinistra.
Il 17 maggio 1503, gli onorabili uomini presbiteri Pellegrino di Domenico Bonuccelli di Camaiore cappellano della chiesa di S. Michele di Antraccole, camerlengo (camerarius) della società intitolata della Stella e Biagio di Tofanello di Antraccole procuratore di detta società e Francesco di Nicolao di soprascritto luogo e Nicolao di Michele di Tempagnano tutti camerlenghi (camerarii) di detta società
chiedono di dipingere a Magistro Luca del fu Agostino Pittore (ovvero Luca di Agostino Ubertini da Montalcino) un Arco alla cappella di detta società in detta chiesa ovvero a lato sinistro entrando, con immagine di Dio Padre in campo aureo e con stelle d’oro fine. A lato due immagini delle quali si lascia libertà. Sopra questo, un mezzo tondo ove venga dipinta la figura della Vergine Maria con due angeli ai lati con fiori e corni in rilievo dorato. Per la predella sotto dipingere tre storie della Vergine Maria.
(As.Lu., Notari prima parte, Ser Giovanni Serantoni, vol. 1839, carta 358)
Queste opere non sono rimaste, se mai fossero state realizzate.
All’interno di questo altare, detto della Madonna del Rosario, venne posta la tavola lignea con la copia dell’affresco che era stato già coperto (si trova sulla parete di destra della navata centrale)
La tavola era posta proprio davanti alla statua della Vergine, e con un marchingegno meccanico veniva calato in basso sotto l’altare scoprendo la statua della Madonna. Veniva innalzato soltanto la seconda domenica di ogni mese e durante le feste della Compagnia.
(Brandani, Davini, Guidi, Picchi, Cenni storici sulla chiesa di Antraccoli in La Chiesa di San Michele Arcangelo in Antraccoli, PubliEd, Lucca 2021, pag. 32)
A riguardo della tavola della Madonna, questo è quanto veniva scritto su “La Provincia di Lucca” in maniera quasi profetica in quanto in quegli anni non si sapeva niente dell’affresco sottostante che non era ancora ritornato alla luce.
LA MADONNA DELLA CHIESA DI ANTRACCOLI
Nella chiesa di San Michele di Antraccoli, situata a circa sei chilometri da Lucca lungo la vecchia via Romana, si trova questo grande dipinto su tavola raffigurante la Madonna col Bambino e due angeli, di scuola incerta e di difficile datazione. Si tratta di un bel dipinto, in origine, ora alterato da molti danni e altrettanti restauri; intesi questi come ridipinture, e peggiori spesso del male che intendevano riparare.
Una tradizione orale, raccolta anche nelle schede ottocentesche della Soprintendenza, lo dice danneggiato da un incendio che distrusse l’altare ligneo dove era in devozione, senza precisare quando questo avvenisse. L’altare fu poi rimesso di marmo e la tavola, riparata dalle bruciature, fu appesa sulla parete accanto, dove anche oggi si vede. Poiché dei quattro altari della chiesa, oltre quello maggiore, tre sono ancora di legno, grandi, con belli intagli e dorature, datati nella prima metà del Seicento – il più tardo è del 1653 -, si può dare per certo che l’incendio e i conseguenti restauri al dipinto siano avvenuti fra gli ultimi anni del Seicento e i primi dell’Ottocento. Altre notizie per ora non si trovano; se non una prima attribuzione al pittore lucchese Angelo Puccinelli, fatta nel 1899 da un Regio Ispettore dei Monumenti e Scavi, e ripresa pare, recentemente, in tesi universitarie.
Se a prima vista l’aspetto simmetrico, ieratico, della Madonna in trono e del profilo degli angeli avvicinano il dipinto non tanto al Puccinelli quanto al tempo della sua attività – seconda metà del Trecento e inizio del secolo seguente -; il disegno delle mani e dei volti appare di una maniera più tarda, di una naturalezza già rinascimentale; come l’inconsueto atteggiamento del Bambino, che compone le braccia con grazia dentro uno spazio quasi circolare. E allora, la ricerca di un possibile autore si potrebbe rivolgere verso altri pittori; come fossero quelli, non ancora bene individuati, che hanno lasciato tracce sulle volte del San Martino di Lucca. Ma non prima di una sapiente pulitura che abbia tolto dalla tavola ogni rifacimento riportandola alla sua originaria stesura a tempera, o almeno a quanto ne rimane. Ora si può soltanto vedere come la metà inferiore sia stata sommariamente rifatta e il rimanente forse ripassato sulla traccia dell’originale.
Questa di Antraccoli, che non ha riscontro con tutte le altre madonne già rintracciate nelle chiese di campagna della nostra provincia e via via qui riprodotte, appare unica anche per le dimensioni delle figure, di solito più piccole, e per la loro disposizione sopra larghi spazi vuoti di un fondo stellato: come in un cielo notturno; che però non si sa bene quanto sia dovuto alla ripresa del restauratore.
Comune alle altre ha invece, oltre la solita mancanza di notizie sulla propria origine, un carattere che la può far comprendere in quel periodo di pittura locale che ha lasciato, fra il Trecento e il Quattrocento, un numero di opere abbastanza grande, e degne, anche se non hanno l’impronta di una scuola, di formare un capitolo a sé, lucchese, nella storia dell’arte toscana.
(G. ARDINGHI, La Madonna della chiesa di Antraccoli, in La Provincia di Lucca, Anno XV, vol. 4, Lucca, 1975).
Servolini nel 1934 scrive: “I caratteri dell’arte di Spinello, specie quel suo fare largo e disinvolto, noi li riscontriamo in un altro dipinto, che è già stato attribuito al lucchese e che apparterrebbe logicamente alla sua tarda attività: la tavola a fondo d’oro raffigurante una Vergine col Bambino adorata da due angioli, che si conserva nella chiesina di Antraccoli, presso Lucca. L’opera quantunque ritoccata, è rimasta più integra nelle parti essenziali. Avvolta in un manto scuro ricamato finemente ai bordi, la Madonna siede su un trono ornato; e gli angeli, disposti con simmetria ai lati, rompono il fondo cupo del quadro, trapuntato di stelle. Nonostante la squisita spiritualità della composizione, che la farebbe piuttosto pensare opera più tarda, dei primi decenni del secolo successivo, noi riteniamo il dipinto del maestro lucchese, eseguito nel tempo in cui era in lui più forte l’influsso di Spinello.”
(L. Servolini, Angelo Puccinelli in Bollettino d’arte del Ministero della E.N. serie III, vol. 28, 1934)
Si nota che la tavola che ora sappiamo copia dell’affresco, aveva messo per secoli in difficoltà gli studiosi dell’arte che non si convincevano sull’esecuzione che sembrava più tarda rispetto all’attività del pittore lucchese.
Successivamente la dottoressa Filieri dice questo dei due dipinti:
“Proprio di recente è ricomparso nella chiesa di Antraccoli, dietro una tela d’altare rimossa per restauri, un affresco che raffigura la Madonna con il Bambino in trono e due angeli che si può forse mettere in rapporto con la fondazione e la dotazione nel 1392 dell’altare di Maria Vergine da parte di Biagio Lommori. L’affresco è attualmente molto offuscato da una forte solfatazione, ma già consente di dare finalmente una spiegazione ad una singolare tavola conservata in chiesa. Di impianto indubbiamente arcaizzante, considerata da Ridolfi un originale “alla maniera del Puccinelli”, ad un esame più attento essa si era rilevata una replica di inizio Cinquecento, vicina ai modi di Vincenzo Frediani, di un originale che si riteneva perduto. L’iconografia, del tutto identica a quella dell’affresco riscoperto, ci conferma che in effetti essa è la traduzione su supporto ligneo dell’immagine originale, nascosta dietro un nuovo altare nel corso della ristrutturazione cinquecentesca della chiesa.”
(M.T. FILIERI, Cappelle, altari, polittici: dal prestigio delle commissioni alla dispersione del patrimonio, in Sumptuosa tabula picta Pittori a Lucca tra gotico e rinascimmento, Livorno, 1998, pag. 35).
Nelle schede delle opere d'arte conservate all'interno dell'archivio Parrocchiale di Antraccoli, riguardo la tavola, è riferito che al 1899 era già stata malamente restaurata e presentava già dei distacchi di colore.
Dopo il rovinoso incendio che danneggiò il meccanismo e l'altare ligneo stesso, penso che il tutto fosse stato rimosso e l’11 maggio 1856, fu acquistato dall’Opera di Antraccoli tramite il rettore e i camerlinghi della compagnia della Stella, dall’Illustrissimo Conte Nicola Guinigi Magrini l’altare di marmo che vediamo oggi.
’altare era descritto come “un altare di marmo grande, antico con due colonne, mensa, scaffale, due gradini, paleotto intarziato, e qualunque altro membro, ed ornato di marmo costituente l’altare medesimo, attualmente situato nella Basilica di San Frediano, e precisamente nella Cappella detta degli Angeli escluso il quadro in legno a bassorilievo esistente a detto altare, e la cortina, e il ferro a quello addetto, sul quale altare compete il Giuspatronato alla Nobile famiglia dei Signori Conti Guinigi Magrini. ”Quindi in chiesa abbiamo un ex altare di San Frediano! L’altare venne pagato francesconi 400 pari a fiorentine lire 2666, soldi 13 e denari 4.“è patto che sia ad intero carico e spesa dei signori compratori la remozione e smontatura di detto Altare, non meno che il trasporto del medesimo alla chiesa di Antraccoli”. Immaginiamo soltanto il da fare e il trasporto con barrocci e cavalli dell’Altare dalla città ad Antraccoli, meraviglioso!
(Archivio Parrocchiale, Miscellanea 9)
ALTARE DI DESTRA NELLA NAVATA CENTRALE
Questo altare è deticato alla Madonna della Stella, in origine era chiamato altare di Santa Maria e, come viene annotato in un volume conservato in archivio parrocchiale: "Nota come li beni che sono dell’Altare di Santa Maria sono stati lassati per testamento di Biagio Lommori, o vero Goro d’Abbracciabene Lomori che morì il primo d’anno 1400. Si come n’appar contratto per mano di Ser Arbano di Domenico Casolini, o vero Carolini di Lucca". Questo perchè l'altare venne fondato e quindi realizzato da Biagio di Lomoro, una volta la fondazione di un altare implicava la donazione allo stesso di una certa quantità di beni, che con le loro rendite avrebbero permesso il mantenimento dell'altare e quindi il beneficio per l'anima del fondatore.
Il primitivo altare ovviamente non c’è più, ma in maniera fortuita negli anni ’90 del secolo scorso, è stato riportato alla luce un affresco, a mio parere emozionante, della Madonna con Bambino, proprio sotto l’altare della Natività.
Questo lato della chiesa, come abbiamo ipotizzato sopra, faceva parte della costruzione antica, che quando fu ampliata non venne toccata. L’affresco dovrebbe essere del XIV secolo ed è stato attribuito al pittore lucchese Angelo Puccinelli.
Da notare in basso la sinopia di una testina non terminata di un fedele in ginocchio con le mani giunte in preghiera, questa piccola faccia dovrebbe essere la riproduzione del fondatore dell'Altare ovvero proprio Biagio di Lomoro!
La Stella da cui poi prese il nome la Compagnia, era raffigurata sulla spalla destra del manto azzurro della Madonna, adesso è soltanto leggermente percettibile.
Nel XVI secolo, attribuita ma non con certezza al pittore Pellegrini, venne realizzata una copia su tavola dell’affresco trecentesco, che fu collocata nell’altare di fronte.
Come si vede nella tavola dipinta con lo stesso soggetto, le differenze sono per lo più nella posa dei due angeli che nella tavola, non hanno più le braccia conserte ma semplicemente incrociate sul petto e anche i loro volti sono più delicati, sono poi ovvie le prospettive del trono che nella tavola sono più chiare e rendono meglio la profondità del dipinto. La stella nella tavola è ben visibile sulla spalla della Madonna ed anche il viso della Vergine è più dolce seppur malinconico.

attribuito a Angelo Puccinelli XIV secolo

attribuito a Angelo Puccinelli XIV secolo

Copia dell'affresco attribuito al Puccinelli, nella parete opposta

attribuito a Angelo Puccinelli XIV secolo



Nella seconda metà del 1500, viene commissionata dall’Opera un’altra pittura importante che è ancora presente nella nostra chiesa (anche se adesso non è chiaro dove sia stata riposta), ovvero la Natività di Alessandro Ardenti.
Di questa opera ho letto diversi volumi in cui c’erano delle indecisioni circa la datazione, sulla tela la data è deteriorata e si pensava fosse 1539, l’Ardenti però è arrivato ed ha lavorata a Lucca solo successivamente dopo la metà del secolo.
(E.Borelli, Nel segno di Fra Bartolomeo, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 1983, pag. 126-127)
Alessandro Ardenti: Natività
tela centinata, cm 293 x 172
Sicuramente la prima delle opere rimaste a Lucca del brillante Alexander Ardentius pictor faventinus, firmata e datata nell’angolo in basso a sinistra.
Proprio la data, però, di incerta lettura nella terza cifra ha sollevato non facili problemi critici. Letta tradizionalmente come 1539, male si collega alla lunga attività del pittore, morto a Torino il 20 agosto 1595 e ancora in grado di firmare nel 1592 l’Adorazione dei Magi per la chiesa di Moncalieri. Bisognerebbe supporre un’età troppo giovanile per questa tela, senza contare il lungo intervallo di oltre 25 anni, durante il quale non si hanno più notizie del pittore; condizioni tutte e due non facilmente realizzabili. Mentre l’eclettica assimilazione di schemi denuncia una situazione quale si registra a Lucca intorno alla metà del secolo. I profili delle figure, i gesti, pur attraverso l’annerimento della tela e l’alterato effetto di “notturno”, ricordano molto da vicino il Riccio e il Beccafumi.
La conseguenza è di poter interpretare questa discussa data come 1559 – con un po’ di fatica è addirittura leggibile – collocando entro quest’anno la prima fase dell’Ardenti: subito dopo verrà l’esperienza nell’ambito del manierismo romano, senza la quale non si potrebbe comprendere l’attività del pittore dopo il ’65.
Riguardo questo dipinto, o per lo meno le commissioni all’Ardenti da parte degli operai di Antraccoli io ho trovato presso l’archivio di Stato di Lucca due atti.
Il primo datato 1566, e il secondo di Ser Bernardino Parpaglioni datato 1568.
(As.Lu., Notari prima parte, Ser Lazzaro Antognoli, vol. 3324, carta 138v)
Ser Lazzaro Antognoli
4 maggio 1566
pubblico instrumento fa questo patto accordo con
l’opera della chiesa di S. Michele di Antraccoli diocesi di Lucca e con Jacobo del fu Giovanni Cataldi e Ambrogio del fu Leonardo Giorgi di Antraccoli moderni operai della detta opera,
che entro il settembre del prossimo anno futuro 1567, il soprascritto magistro Alessandro, dipingerà con colori per l’altare maggiore di detta chiesa di S. Michele di Antraccoli oppure in altro posto in detta chiesa, con figure e ornamenti come volontà del Reverendissimo Alessandro Guidiccioni.
Per il compenso di staia 75 di grano, ripartiti tra i livellari della chiesa sui canoni del 1566 ovvero:
Paulino Garbocci staia 18 di grano
Michele Garbocci staia 5 di grano
Jacobo Cataldi staia 18
Vincenzo e Ceccho Casentini staia 14
Giuliano e Michelino di Baldassare Martinelli staia 20
Fatto in Lucca presenti Bartolomeo del fu Nicolao … e Taddeo del fu Vincenzo dei Giorgi cittadino di Lucca.
quindi qui si sa che c’è stata una commissione ma non si conosce la natura del dipinto.
(As.Lu Archivio dei Notari parte prima, Parpaglioni Ser Bernardino, vol. 3002, carta 72)
Ser Bernardino Parpaglioni
22 aprile 1568
Magistro Alessandro Ardenti di Faenza pittore e abitante a Lucca da una parte
Valentino Garbocci e Carlo di Frediano Tofanelli di Antraccoli operai dell’opera e fabbrica di S. Michele di Antraccoli diocesi di Lucca,
detto mastro Alessandro promette a detti operai entro un anno di fare e dipingere una tavola per uno altare per detta Chiesa di altezza di braccia 6 per larghezza di braccia 3 ¼ con pittura di una Natività del Santo Nostro Signore, con le pitture e personaggi soliti e …. Della storia bella ed di buoni e bei colori, et dicti operai siano tenuti darli tutti i legnami et altre cose che vi bisognassero et dare e pagare al mastro Alessandro per sua mercede quel tanto che sarà stimata da Monsignor reverendissimo Vescovo di Lucca e li detti operai li assegnano i beni dei debitori di detta opera:
Paolino di Leonardo Garbocci paga ogni anno a detta opera per affitto di una terra che conduce da detta opera staia 38 e ¼ di grano.
Jacopo Cataldi che paga ogni anno per simil conto staia 20 ¼ di grano.
Cecco e Vincenti Casentini che pagano ogni anno staia 14 di grano.
quello che riscuoteranno dai detti verrà dato al pittore finchè non sarà soddisfatto il pagamento.
Fatto in Lucca
in questo caso c’è proprio il riferimento alla Natività, ma anziché una tela si parla di tavola; quindi, è presumibile che la tela che abbiamo sia stata datata come 1569.
Questo dipinto era inserito fino agli anni 90 sull’altare di destra della navata centrale, poi fu spostato tra il pulpito e l’altare della Madonna del Rosario per poi essere tolto definitivamente.
L’altare attualmente in chiesa, ligneo dipinto in bianco, oro e blu, risale al 1653 ed è stato recentemente (2021) restaurato a cura del restauratore Giuliano Delle Monache, nello svolgimento dei lavori di restauro degli intonaci, riportando l’altare all’antico splendore.



LE VOLTE
Le volte della chiesa, escluso il coro, sono stati decorati e recentemente restaurati (2021) alla fine del 1800, come dimostra il cartiglio centrale.
Sopra l'organo c'è la scritta "Ecce Tabernaculum Dei Cum Hominibus" - Ecco! Il tabernacolo di Dio con l'umanità.
Lungo la navata centrale ci sono riportati i dieci comandamenti in latino, alternate dalle virtù cardinali: Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza e le virtù teologali: Fede, Speranza e Carità.
Alla fine della navata centrale la scritta: "Domus Mea, Domus Orationis Vocabitur" - La mia casa sarà chiamata casa di preghiera, che ricorda la frase di Gesù scacciando i mercanti dal Tempio.
Furono realizzate dal pittore Martinelli e terminate nel 1897 come mostra il cartiglio.
(Cenni storici sulla chiesa di Antraccoli in La Chiesa di San Michele Arcangelo in Antraccoli, PubliEd, Lucca 2021)

Baldassare di Biagio del Firenze e Matteo Civitali

Oggi al museo della Bob Jones University di Greenville South Carolina USA

Dettaglio

Baldassare di Biagio del Firenze e Matteo Civitali
ALTARE MAGGIORE, CORO E TRANSETTO
ALTARE MAGGIORE
Nel 1469 i nostri paesani ebbero la fortuna (ma loro non potevano saperlo) di commissionare una tavola da posizionare sull’altare Maggiore della nostra chiesa a Matteo Civitali.
Ricordiamo che la chiesa probabilmente era quella piccola, l’altare maggiore con questo dipinto avrà suggestionato e lasciato impressionati i nostri antenati!
Come risulta dall’atto notarile del 1467 rogato da Ser Nicolao Vellutelli (Vedi atto)
15 dicembre 1467 (con postilla successiva del 6 ottobre 1469)
Gli operai della chiesa di S. Michele di Antraccoli che erano: Antonio del fu Domenico e Biagio del fu Tofanello, commissionano a Baldassare del fu Biagio del Firenze abitante a Lucca e a Matteo del fu Giovanni de Civitali abitante a Lucca, pittori, una tavola di legno dipinta per l’altare Maggiore della suddetta chiesa di S. Michele. Vengono anche descritte le figure che si vogliono rappresentate ovvero: al centro si dipinga la figura della Beata Vergine Maria con il figlio in braccio così come nel dipinto presso l’altare di San Pietro Maggiore a Lucca; da un lato sia dipinta la figura di San Giuseppe, di San Giovanni Battista e di San Biagio, mentre dall’altro lato siano dipinte le figure di San Pietro Apostolo, e San Michele Arcangelo; per la parte sottostante della tavola (predella) si inseriscano i dodici apostoli prendendo ad esempio la tavola dell’altare maggiore della chiesa di S. Simone a Lucca. Inoltre, si richiede l’uso dell’oro nel contorno della tavola e buoni colori per la pittura, puntualizzando che si utilizzi il colore azzurro oltremare nei punti dove sarà necessario, l’oro e i colori dovranno essere ben saldi; infatti, si dice che se i colori si staccheranno o si rovineranno entro i cinque anni successivi alla consegna del dipinto, la colpa sarà da imputare ai detti pittori; ugualmente se il risultato non sarà soddisfacente nell’aspetto. Prezzo pagato 70 ducati d’oro.
Immaginarsi questo splendore nella nostra chiesa!
Resterà purtroppo solo una immaginazione perché per secoli il trittico è stato relegato in canonica.
La notizia successiva all’atto di commissione è del 1819, 350 anni dopo!
Il pittore, restauratore e teorico d’arte Michele Ridolfi, venne incaricato di redigere un inventario di tutti i beni pubblici e privati presenti a Lucca e nelle campagne. Il nostro dipinto fu descritto così:
1819
“Nell’oratorio della compagnia di fianco alla contigua alla chiesa, vi è un antico altare di legno di gusto gotico, nei quadri del quale vi è effigiata la Vergine, e quattro Santi, e nello scaffale al disotto i dodici
Apostoli. Opera di scuola fiorentina di autore incerto e che porta la data dell’anno 1469”
(Lucca, Biblioteca Statale, MS 3666/4, Fondo Ridolfi, Michele Ridolfi, Inventario esatto dei monumenti più rimarcabili di Pittura Scultura e Medaglie esistenti nel Ducato Lucchese compilato per ordine di S.M. La Duchessa di Lucca di Michele Ridolfi suo Pittore Pensionato l’anno 1819, Lucca 1819 cc. 67v, 68r)
Dopo tale data anche nei diporti di Enrico Ridolfi del 1873, del trittico non viene più fatta menzione, questo considerando anche la precisione del Ridolfi, fa pensare che il trittico fosse già stato venduto da un parroco che non si faceva molti scrupoli, infatti non ci sono documenti che dimostrano la vendita.
La parte principale del trittico è stata acquistata dal museo della Bob Jones University di Greenville South Carolina nel 1961 dalla galleria Rosenberg & Stiebel di New York. La galleria Rosenberg & Stiebel prima di spostarsi a New York aveva sede a Francoforte. Prima del passaggio oltre oceano era stato segnalato nella collezione privata della Contessa Schaffgotsch in Austria e prima ancora nel 1938, a giudicare dalla foto conservata presso la fototeca Berenson di Fiesole, era in possesso dell’antiquario Wildenstein.
Per la predella invece non ci sono notizie certe, adesso non sappiamo dove possa essere e negli anni 20/30 del secolo scorso era stata fotografata presso il Palazzo Massimo a Roma da parte del fotografo Sansoni, quando era stata abbinata ad un altro trittico che non le apparteneva.
L’opera che l’Università americana aveva comprato fu abbinata all’opera descritta nel 1819 dal Ridolfi, soltanto nel 1978 da parte dello storico Massimo Ferretti e continuò ad essere definita della scuola dei “Maestri di Benabbio”; soltanto nel 1997 quando il ricercatore Roberto Ciardi trovò l’atto notarile di commissione del dipinto, venne definitivamente assegnato il trittico a Baldassare di Biagio del Firenze e a Matteo Civitali. Se fino a quel momento il Civitali era conosciuto per le sue opere scultoree, da questo momento si riscoprirono anche le sue doti pittoriche proprio grazie al nostro trittico!
Nel 2004 proprio in occasione della importante mostra tenutasi al museo di Villa Guinigi “Matteo Civitali e il suo tempo” il trittico tornò per poco tempo vicino casa, peccato che io personalmente l’ho scoperto soltanto alcuni anni dopo..
Ringrazio lo storico dell'arte, dott. Riccardo Massagli, per l'aiuto e la disponibilità nel reperire le preziose informazioni.
Il 7 settembre 1500 viene inoltre commissionato a due carpentieri lignei, ovvero a Mastro Biagio fu Simone Mori (ovvero Biagio di Simone Guerrucci di Terricciola e Mastro Masseo fu Bertone di Civitale (nipote del famoso Matteo Civitali) la realizzazione di un coro ligneo intagliato con 24 posti a sedere, viene chiesto espressamente che si prenda a modello quello della chiesa di Lammari.
Ad oggi detto coro ad Antraccoli non c’è più (non so se nella chiesa di Lammari sia presente)
(As.Lu., Notai Prima Parte, Ser Girolamo Tomei , vol. 1376, carta 68v)
L’altare di oggi, più precisamente la mensa, è degli anni ’80 dello scorso secolo, quando si provvedè a modificare il modo di celebrare messa, a seguito del concilio Vaticano II. Il sacerdote doveva essere più vicino al popolo e non dava più le spalle alla platea com’era stato fino ad allora.
Venne così rimossa anche tutta la balaustra di colonne di marmo che circondava la zona presbiteriale.

IL CORO
Per il coro, sappiamo che è stato costruito e coperto contestualmente all’ampliamento della chiesa, per i decori c’è una piccola parte dell’atto del 15 ottobre 1561 dove viene attribuito allo Zacchia la “pictura del coro a Fresco”, ma essendo valutato soltanto scudi 1, non so se fosse una pittura totale.
Successivamente, presso l’archivio parrocchiale di Antraccoli, poi, c’è una lettera del 1741 scritta dal rettore Jacopo Menchini, nella quale si rimprovera il parroco precedente per aver fatto eseguire un affresco nell’abside proprio sopra un’opera dell’Ardenti. Nel volume in nota ci sono riportate soltanto alcuni stralci della lettera:
“Jacopo Menchini come moderno Rettore della Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo d’Antraccoli umilmente e per la verità espone […]
Qualmente il Coro, e la Tribuna di detta Chiesa erano eccellentemente ornati di nobile pittura fatta dalla maestra mano del celebre Ardente Faentino, come ne fa fede e la tradizione, e l’eruditissimo autore del Libro intitolato: Guida Sagra alle Chiese di Lucca alla pagina 266-267.
(La bella tela del santo in S. Paolino è dell’Ardente Faentino. Del medesimo pure nella chiesa di S. Michele di Antraccoli, due miglia distante dalla città, è il quadro della natività del Signore, del quale è memoria in quel luogo […] Dell’istesso pennello era pure la pittura della tribuna in questa chiesa, dove spiccavano a meraviglia i quattro Evangelisti, opera molto stimata da Giovanni Marracci, e da altri eccellenti professori in questa nobil arte – G.D. Mansi, Diario Sacro delle Chiese di Lucca, Tipografia Giusti, Lucca 1836, pag. 220 io nel libro che nomina il rettore non ho trovato il riferimento, questo volume è successivo ma fatto per arricchire la suddetta Guida)
Piacque poi, il 1735, al Sig. Bernardino Vecoli allora Rettore di detta Chiesa fa scancellare affatto la sopralodata pittura, ed un’altra farvene sostituire da un infelice pennello a suo gusto, ma non secondo il gusto dei suoi buoni amici, né de buoni Professori, né di Santa Madre Chiesa. La moderna pittura consiste principalmente in un confuso prospetto, e ridicolissimo, di Diavoli in forma di sgraziati satiri, o giovanacci, che cascano giù dal cielo: San Michele Arcangelo fa la minore figura, e l’occhio corre periodico di crederlo un uccellaccio, che esce dal nido. Simile alla descritta è il restante della pittura. Pittura sempre e da tutte le genti di qualsivoglia sesso e condizione meritatamente aborrita, e derisa, come inducente più tosto a riso che a devozione, e come contraria al buon gusto di Chiesa Santa.
Le quali cose tutte essendo vere, come sono verissime, ogni ragione vorrebbe: che quando anco fosse vera l’iscrizione che leggesi in Coro: A.D. 1735 Bernardinus Vecoli Rector huius ecclesie Chorum et tribunam pingere fecit […] con tutto ciò egli fosse obbligato e si doveva obbligare a rifare il danno a detta chiesa apportato colla decantata infame pittura.
La lettera prosegue dicendo che il Rettore aveva ricevuto dei soldi che dovevano essere spesi per rifare la pittura dell’abside, ma lui li aveva sperperati al gioco. Si chiede che il Vecoli “rifonda i denari alla povera Chiesa” e viene pubblicamente accusato.
Gli esecutori testamentari rifonderanno, con i soldi dell’eredità del “nobile Bernardino Vecoli”, la Chiesa di Antraccoli in modo da sostituire la brutta pittura del 1771.
(Brandani, Davini, Guidi, Picchi, Cenni storici sulla chiesa di Antraccoli in La Chiesa di San Michele Arcangelo in Antraccoli, PubliEd, Lucca 2021 pag. 32)
Che la tradizione orale si sia confusa a distanza di 200 anni tra l’Ardenti e lo Zacchia? Non lo possiamo sapere.
La decorazione attuale, recentemente restaurata e riportata alla bellezza originale (2021) è attribuita col metodo a fresco al quadraturista Bartolomeo De Santi nel secolo XVIII. Il De Santi era un quadraturista molto affermato a Lucca, ad esempio è l’autore della cupola della chiesa di Santa Caterina.
Cristina Lucchesi ci descrive: “Nel 1755 Bartolomeo intervenne nel coro della chiesa di San Michele Arcangelo ad Antraccoli, come si evince dai pagamenti ritrovati nell’archivio parrocchiale. L’inganno architettonico s’imposta sull’alto zoccolo della cappella principale, decorato con specchiature a finto marmo; l’osservatore viene introdotto nell’ambiente virtuale mediante un brano di loggiato articolato che acquisisce vivacità mediante il cromatismo di una finta statua posta su una mensola. Il costrutto illusionistico acquisisce uno straordinario effetto di profondità, articolandosi perfettamente con l’architettura reale di cui replica il pilastro angolare a costruire un ambiente virtuale che ripropone le medesime soluzioni strutturali e decorative. Questo apparato mostra in modo straordinario le capacità architettoniche e prospettiche dell’artista che spesso denota anche una profonda conoscenza della trattatistica architettonica. […] La curvatura del coro di San Michele Arcangelo ad Antraccoli viene enfatizzata dagli elementi dell’architettura virtuale, quali finte arcate e paraste, poste sulla muratura ingannevole, che si aprono su ulteriori ambienti fittizi.”
(C. LUCCHESI, Bartolomeo De Santi: alcuni inediti in Realtà e Illusione nell’architettura dipinta, quadraturismo, Alinea Editrice, Firenze 2006, pag. 405)
Allo stesso modo Paola Betti: “..possiamo rilevare l’uso da parte del De Santi di un tipo di capitello con pendane di fiori, che sembrerebbe ricavato da un prototipo ricorrente nel catalogo del Pini (Francesco Pini). Altri, e multiformi, sembrano essere i referenti culturali del De Santi. Ad esempio, la costruzione prospettica realizzata negli anni Cinquanta (1755) nella zona presbiteriale di San Michele Arcangelo ad Antraccoli costituisce una fedele trasposizione pittorica dell’altare della chiesa di San Giusto, concepito verso il 1662 dall’architetto lucchese Giovanni Maria Padredio. Nei due casi l’altare è sostenuto da colonne binate e coronato da una cornice ad andamento mistilineo, sottolineata da un motivo a dentello e da un rimpano spezzato su cui poggiano due figure. Inoltre, nell’arco trionfale di Antraccoli, su cornici terminanti in volute, siedono due angeli, mentre dal centro si dipartono cascami di fiori. In San Giusto, servendosi dello stucco, si accenna a un baldacchino, spunto sviluppato ad Antraccoli in un fastoso drappeggio. Questa serie di analogie dimostra che la dipendenza dal modello ideato dal Padredio non può essere casuale.”
(P. BETTI, Cenni per una storia della decorazione a fresco in Lucchesia tra Sei e Settecento: protagonisti, sodalizi, modelli di riferimento, in Realtà e Illusione nell’architettura dipinta, quadraturismo, Alinea Editrice, Firenze 2006, pag. 369)
L'altare della chiesa di San Giusto è nella foto.
Le figure rappresentate all'interno della prospettiva architettonica sono quelle di San Pietro e San Galgano (forse San Paolo), ai lati di un baldacchino contenente la rappresentazione di San ;ichele Arcangelo che sconfigge il demonio.
(O.BELLI, il restauro della chiesa, in La Chiesa di San Michele Arcangelo in Antraccoli, PubliEd, Lucca 2021)
TRANSETTO
Le decorazioni delle volte del transetto hanno una qualità pittorica migliore rispetto a quelle presenti nella navata centrale questo forse perchè eseguite da una mano diversa o da un gruppo di decoratori. Vi sono raffigurati i quattro evangelisti con i relativi simboli.
Le volte dei bracci del transetto invece hanno decorazioni di angeli con i simboli della Passione di Cristo.
I finestroni presenti nel transetto sono decorati con motivi di Santi e sotto, in forma devozionale i nomi della famiglia che ha donato tale vetrata.
Nella finestra di sinistra è rappresentata la Vergine Maria con la dedica:
Nella finestra di destra è rappresentato Sant'Antonio con la dedica: Giuseppe Lombardi
ALTARI NEL TRANSETTO
il 6 luglio 1556, quando la chiesa doveva avere già l’aspetto di oggi, vengono commissionati due tavole dipinte per gli altari a sinistra e a destra dell’altare Maggiore.
Queste due tavole vengono commissionate al Pittore Mastro Zacchia del fu Antonio Zacchia da Vezzano (detto anche Zacchia il vecchio) e nello specifico:
“Pingere omnibus e singolis detto Magistro Zacchia con colori a olio due tavole a due altari ai lati dell’altare maggiore di detta ecclesia con tre figure (non sicura di questo), di cui detto Zacchia aveva mostrato a Reverendo Alessandro Guidiccioni, in ogni tavola.
Una tavola entro gennaio 1557 per l’altare di san Biagio con raffigurato San Biagio e l’altra con i Santi Rocco e Sebastiano.” Per staia 100 di grano.
(As.Lu., Notari prima parte, Ser Lazzaro Antognoli, vol. 3314, carta 159v)
Il 15 maggio 1557, vengono indicati i quantitativi di grano da versare da parte dei paesani per la paga di mastro Zacchia delle 100 staia.
(As.Lu., Notari prima parte, Ser Lazzaro Antognoli, vol. 3315, carta 145)
Il 28 giugno 1561 Mastro Zacchia di Antonio Zacchia di Vezzano Pittore a Lucca da una parte e
Valentino del fu Paolo Garbocci e Giovanni di Giuseppe Pelli moderni operai dell’opera di S. Michele di Antraccoli da altra parte fanno di comune accordo un compromesso in cui:
Mastro Giovanni Simone Carretto (Giovanni Simone di Nicolao Maria Carretta di Modena) pittore e abitante in castello di Camaiore, arbitro e testimone del fatto che detto mastro Zacchia avesse da dipingere due tavole per gli altari come dallo instrumento rogato per mano di Ser Lazzaro Antognoli sotto il suo tempo, dove era stato assegnato a mastro Zacchia la pittura su buona tavola
promettono di eseguire i lavori entro la fine di luglio pena il pagamento di 50 scudi.
A questo punto c’è una vera e propria causa intentata dagli operai della chiesa di Antraccoli contro mastro Zacchia, con nomina di diversi arbitri in compromessi che non vengono mai rispettati.
(As.Lu., Notari prima parte, Ser Bernardino Parpaglioni, vol. 2995, carta 111)
Il 15 ottobre 1561
Domenico Ribechini (Domenico di Tommaso detto Ribechino di San Vico o di Vagnanella di Lugano) Pittore e Vincenzo Civitali di Lucca (Vincenzo di Bertone Civitali) fanno da arbitri e da estimatori sul compromesso fatto tra Zacchia di Vezzano Pittore di Lucca da una parte e Valentino di Paolo Garbocci e Giovanni di Giuseppe Pelli di Antraccoli operai dell’Opera di S. Michele di Antraccoli da altra parte.
come rogato per mano di Ser Bernardino Parpaglioni notaio di Lucca nel giorno 4 settembre dell’anno 1561 e come risulta anche dall’atto di Ser Antognoli Ser Lazzaro.
Giudichiamo e stimiamo il lavoro fatto da detto Mastro Zacchia come da atto rogato per mano di Ser Lazzaro Antognoli
(i due pittori sono chiamati a stimare il lavoro di Mastro Zacchia)
- La dipintura della taula dello altare di S. Biagio che è posto in opera estimiamo valore scudi 45 d’oro di Italia.
Per la doratura et l’oro dello ornamento di ditto altare valore scudi undici scudi 11. Per la tela di detto altare scudi 1 denari 5.
- La pictura della taula dell’altro altare di S. Rocho et S. Sebastiano non ancora misso in opera et è in casa di detto mastro Zacchia estimiamo valore scudi cinquanta scudi 50.
Per la doratura e l’oro da mettersi all’altare scudi xi e condanniamo il detto mastro Zacchia a fornirlo fra 1 mese e mezzo per detto scudi 11. Per la tela per detto altare scudi 1 denari 5.
- La pictura dell’ornamento fatto in fresco nel muro dove ha da andare il ditto altare di S. Rocco e di San Sebastiano scudi 6 denari 50.
Item per la dipintura di dui palii daltare di legno in tutto valore scudi 2 denari 10
Item la dipintura del sopra …. Del primo e dipintura e doratura di … in ditto primo e… in detta chiesa scudi 1 denari 55
item per la pictura del coro in frescho scudi 1
item per la pictura di un pario di torcioni scudi 1 denari 5
item per la pictura di dui paria di cavalletti scudi 1 denari 25
item la pictura di una croce scudi 0 denari 20
stima in totale scudi 133 denari 175
(As.Lu., Notari prima parte, Ser Bernardino Parpaglioni, vol. 2995, carta 212v)
Oltre alle due tavole allo Zacchia erano stati commissionati anche gli altri lavori, andati perduti (anche la pittura del coro a fresco, chissà se sotto sotto ci sia ancora qualche traccia).
Quindi una delle due tavole era in chiesa (quella di San Biagio), l’altra probabilmente non c’è mai nemmeno arrivata (quella di San Sebastiano e San Rocco).
Quindi la tavola dei Santi Sebastiano e Rocco era nella bottega dello Zacchia.
Questi due Santi tornano frequentemente nelle vicende artistiche di Zacchia, vediamo come.
(E. BORELLI, Un’aggiunta al catalogo di Zacchia il vecchio in La provincia Lucchese, vol. 2 anno X, pag. 92)
Era di proprietà della chiesa di S. Anastasio di Lucca una tavola di modeste dimensioni collocata in sacrestia che raffigurava i Santi Rocco e Sebastiano, il dipinto in pessimo stato di conservazione veniva individuato con certezza come lavoro dello Zacchia il Vecchio, eseguito in preparazione della nota pala che oggi è conservata presso il Museo di Villa Guinigi: “La Madonna in trono, incoronata da due Angeli, coi Santi Sebastiano e Rocco” sembra proprio che detta tavola sua lo studio preparatorio di cui accennava il Trenta “Preparò Zacchia diligenti studi per eseguir bene quest’opera, e dipinse le immagini de’ nominati due Sanati in un piccol quadro, che si vedeva poco fa nell’oratorio della chiesa della Confraternita di S. Rocco” (T. TRENTA, Memorie e Documenti per servire all’istoria del Ducato di Lucca, Tomo VIII, pag. 92)
Il confronto con la tavola definitiva ci fa riflettere sul fatto di aver modificato leggermente il San Rocco nella tavola finale, mentre il S. Sebastiano è praticamente uguale soltanto speculare.
A conferma di questa tendenza di raffigurare i due santi c’è anche un affresco scoperto nella navata destra della chiesa di Montuolo dove la figura di S. Sebastiano è praticamente la stessa della tavola.
La tavola che oggi è al museo di Villa Guinigi doveva essere stata commissionata per la chiesa di Santo Stefano.
Ora tornando ai nostri altari, della tavola dell’altare di San Biagio, che pareva essere stata messa in chiesa, non rimane nessuna traccia. Non ho nemmeno trovato altri esempi di S. Biagio dipinti dallo Zacchia.
Come sia finita la controversia fra gli operai e il pittore non lo sappiamo.
ALTARE A DESTRA - DI SAN BIAGIO
Zacchia il Vecchio (scuola di): S. Frediano tra S. Antonio Abate e S. Barbara
tela centinata, cm 300 x 186
L’opera risponde, ad uno schema semplice ed arcaizzante. Nei Santi è da notare un’indiretta eco di modelli del Marti. Evidenti, comunque, anche in questo quadro le reminiscenze di Zacchia, riscontrabili prima di tutto nella calibrata ambientazione: è ancora il vano di un’esedra, delimitata anteriormente dal gradino, mentre in alto i due angeli ripetono il gesto e il volo cari al maestro lucchese, sull’indimenticabile traccia della pala di Fra Bartolomeo in duomo.
La vasta tela rappresenta forse il vescovo Frediano, riconoscibile dal rastrello per terra, fra S. Antonio Abate e S. Barbara, che mostra con domestica grazia la torre del martirio. Nella penombra dell’abside risaltano con bell’effetto i colori del manto di S. Antonio e quelli più tenui delle vesti di Barbara.
Si propone una datazione tra il settimo e il penultimo decennio del secolo.
(E.BORELLI, Nel segno di Fra Bartolomeo, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 1983, pag. 160-163)
La didascalia in chiesa sotto a questo quadro recita così: “S. Biagio e Santi, Dipinto a olio su tela, cm 317 x 184, Autore: Ignoto, scuola dello Zacchia Epoca: 1500, stato: mediocre
In piedi entro una nicchia grigia, in atto benedicente, sta San Biagio con mitria e pastorale, avvolto nel piviale rosso dai galloni gialli. Alla sua destra S. Antonio che si appoggia al bastone con veste beige e manto nero dai risvolti marroni e ai suoi piedi il maialino. A sinistra, S. Barbara vestita di verde e manto rosa che tiene in mano il modello di un campanile.”
In questo caso la ragione è della didascalia in chiesa, visto che questo altare è sempre stato intitolato a S. Biagio, e quello che il Borelli dice essere il rastrello di S. Frediano, in realtà è il cardatore tipico di S. Biagio.
Per S. Barbara, nella didascalia in chiesa si parla di un campanile retto dalla stessa, ma ha ragione il Borelli, visto che l’iconografia della santa la fa ritrarre con in mano la torre a tre finestre che evoca il martirio.
Quello che vediamo oggi è un altare ligneo policromo con oro bianco e blu, seicentesco, più precisamente nella relazione del ministero del 1971 viene così descritto:
"Altare in legno scolpito, intagliato, dipinto in blu, bianco e dorato, incornicia pala d’altare centinata ed è formato da colonne che si ergono su piedistallo quadrangolare con scudo per stemma e ornato di viticci nel terzo inferiore e poi scanalato. Ha capitelli corinzi e reggono un’architrave ornata al centro da un cherubino e sormontata dal timpano curvilineo spezzato con cartella al centro. Ha sul timpano due vasi da cui escono fiamme ed esternamente alle colonne una testina e festoni, nella cartella la data MDCIIIII" (1605)




ALTARE A SINISTRA - DI SAN SEBASTIANO
Zacchia il Vecchio (scuola di): Pontefice e quattro Santi
tela centinata, cm 300 x 183
La tela è precisa relazione con l’altra che gli corrisponde sulla testata destra della chiesa. Si tratta di opere rimaste finora praticamente nascoste a dispetto delle dimensioni e della vicinanza alla città, ignorate dai pur scrupolosi storici locali del passato e nelle pubblicazioni recenti fino a pochi anni or sono.
La loro collocazione storica è con ogni evidenza nell’ambito della di Zacchia il Vecchio, ma spostate di qualche decennio rispetto all’attività del maestro. Analoga è l’impostazione dell’episodio sacro in quell’equilibrato e ormai comprovato rapporto tra spazio interno e figure, cui si aggiungono ora i Santi in seconda fila. In particolare, i Santi Sebastiano e Rocco sono ripresi lateralmente dal famoso quadro (inv. 275) del Museo Nazionale di Lucca; anche se per il S. Sebastiano bisogna riconoscer una personale capacità dell’ignoto pittore a “risentire” più tormentosamente il duro contorno di Zacchia. È un’incisività di segno che trova il suo brano più interessante nella scavata fisionomia del pontefice e denota, insieme ad altre caratteristiche, un artista di una certa dignità e finezza di esecuzione.
La luce, filtrante e immobile, completa un clima di severo raccoglimento.
(E.BORELLI, Nel segno di Fra Bartolomeo, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 1983, pag. 160-163)
La didascalia in chiesa sotto a questo quadro recita così:
“S. Gregorio Magno dipinto a olio su tela cm 297 x 176 Autore: Ignoto, scuola dello Zacchia, Epoca: 1500, Stato: Mediocre
Entro nicchia in piedi su piedistallo S. Gregorio con manto ocra regge un libro con una mano, con l’altra una croce astile, sul capo il triregno. Alla sua destra S. Giuseppe, vestito di marrone, tiene un’asta fiorita, davanti S. Sebastiano col corpo trafitto da frecce. Alla sua sinistra S. Lucia con veste rosa tiene in mano il piatto con gli occhi, davanti S. Rocco si appoggia al bastone, cappello in capo, giubba verde e manto rosso.”
Dunque, rispetto alla descrizione del Borelli qui c’è l’identità del pontefice con S. Gregorio, devo inoltre segnalare che l’epoca di realizzazione deve essere sicuramente la parte finale del secolo 1500, viste le vicende con lo Zacchia.
Circa questa attribuzione c’è anche un bel confronto di Ernesto Borelli
(E. BORELLI Orientamenti della pittura lucchese nel sec. XVI in La Provincia di Lucca, anno XVI vol 3, pag. 35)
“.. la tematica compositiva di Zacchia, che è interpretata fedelmente in due tele nella chiesa di Antraccoli, passate finora inosservate.”
come detto sopra per San Sebastiano, in questo caso viene messo a confronto il San Rocco, del dipinto di Zacchia conservato al Museo Nazionale di Villa Guinigi di Lucca, con il nostro San Rocco della tela di Antraccoli; sono praticamente uguali.
Nelle schede di censimento delle opere d’arte effettuate nel 1899, la detta tela è descritta come sopra, c’è però un curioso riporto da parte del rettore del tempo che riporta le frasi di un “signore qui recapitato” che il rettore non conosceva ma al quale il rettore aveva accennato che nel quadro fosse presente, se pure poco leggibile, la firma dello Zacchia. Il passante allora descrisse così la tela: “Non so se l’attribuzione a Lorenzo Zacchia il giovane di questo e di altri dipinti esistenti in questa chiesa sia suffragata da documenti o se si fondi sopra semplici induzioni, certo che fra i diversi dipinti questo è il migliore, quello più vigorosamente dipinto, quello nel quale più facilmente si può riconoscere una certa individualità artistica che si stacca dal mediocre e che evoca il ricordo della maniera di quell’artista della seconda metà del XVI secolo che lavorò assai a Lucca e nel suo territorio. In questo c’è l’impronta di una mano abile e sicura, mentre negli altri appare invece un semplice lavoro di imitazione privo di energia che si può attribuire a dei modesti seguaci”. Non sapremo mai chi fosse il critico.
Quello che vediamo oggi è un altare ligneo seicentesco, più precisamente in questo caso fu costruito come ex voto durante la pestilenza del 1631.
Altare in legno scolpito, intagliato, dipinto in blu, bianco e dorato, incornicia pala d’altare centinata ed è formato da colonne che si ergono su piedistallo quadrangolare con scudo per stemma e ornato di viticci nel terzo inferiore e poi scanalato, più ricco dell’altro ha sopra il timpano due statue a tutto tondo ed esternamente alle colonne due cariatidi piatte.



ARREDI SACRI
IL PULPITO
Il pulpito che è presente oggi in chiesa è settecentesco, in precedenza era stato commissionato come di seguito:
16 febbraio 1558
Mastro Paulino di Benedetto Cantoni del Gello (Gello di Valdiroggio) falegname e lignario abitante a Lucca con questo pubblico instrumento conviene e promette a
Paulino Garbocci e Jacopo di Giovanni Cataldi di Antraccoli moderni operai dell’opera della chiesa di S. Michele di Antraccoli presenti e stipulanti
di costruire un pulpito per la predetta chiesa di legname di noce intarsiato e intagliato con inciso il nome di Cristo e foderato di legno di pioppo e il sopracielo cordonato sopra detto pulpito.
con stima del valore fatta da Mastro Antonio del fu Calisa e mastro Vincenzo di Antonio Speranza lignari, dando a mastro Paulino staia 18 di grano nel mese di agosto.
Fatto in Lucca in palazzo episcopale presente Alfonsio Simuccori e Bartolomeo musico.
15 marzo 1558
Mastro Antonio di Alessandro di Calisa e Mastro Vincenzo di Antonio Speranza
hanno stimato il pulpito con suo sopraccielo (ovvero doveva essere provvisto di baldacchino) viene valutato scudi 27 e mezzo d’oro.
Fatto in Lucca presenti Bartolomeo musico, Ser Lorenzo di Antonio e Ser Taddeo Giorgi di Lucca.
Non sappiamo se fosse mai stato presente in chiesa.
(As.Lu., Notari Prima Parte, Ser Pietro Tucci, vol. 2493, carte 56, 73v)
ACQUASANTIERA
Il 4 novembre del 1922 nel corso di un "censimento" degli arredi sacri presenti in Lucchesia da parte del comune di Lucca, e l'acquasantiera è così descritta:
“Pila dell’acqua santa, ha la forma di un candelabro che ha per base tre branche di leone dalle quali si solleva il fusto tutto adorno di modanature eleganti e di foglie di acanto, con fregi e cornicette. Su questo fusto poggia la tazza dell’acqua benedetta, che ha la parte esterna adorna di sbaccellature. Lavoro di scultura ornamentale in marmo bianco di Carrara, opera dei primi del XVI secolo. (Carocci)
E’ presso la porta principale della chiesa a destra entrando, l’ubicazione può essere originaria.
E’ in buono stato di conservazione e solo nel basamento presenta delle consumazio prodottevi dalla … delle scarpe.
Senza essere un’opera di fattura finissima è però assai pregievole per forma e per carattere degli ornamenti.
Forse è opera della scuola degli Stagi di Pietrasanta e l’esecuzione sua può riferirsi agli ultimi del XV secolo."
Anche questa attribuzione si ritiene superata in quanto è stata attribuita alla scuola di Matteo Civitali.

FONTE BATTESIMALE
L’archivio parrocchiale conserva una fattura datata 21 giugno 1932, dove si chiede la fornitura di un fonte Battesimale alla ditta Antonio Meschi di Borgo Giannotti di Lucca, per lire 1700.
Il lavoro però verrà affidato a Angelo Moriglioni e Figlio Scultori di Pietrasanta.
Nel preventivo da parte di questa seconda ditta di scultori si legge:
19 ottobre 1932
Come promessovi in plico a parte vi ho rimesso n. 5 progetti Fonti Battesimali. I detti sono tutti con coperchio perché altrimenti oltre a sembrare un Acquasantiera tutti ci tufferebbero le mani e non sarebbe bella cosa.
Però se vuole sopprimere il coperchio si può sopprimere, e i miei prezzi sono con coperchio e senza.
Il coperchio a mezzo di un congegno metallico interno è girevole si apre e si chiude con molta facilità.
Il 19 settembre 1933 scrivono così:
“Reverendo Parroco di Antraccoli, avendo incontrato molte difficoltà per avere il marmo statuario per il Fonte, sono rimasto un poco in dietro. Desidererei sapere con precisione l’epoca nella quale il fonte dovrebbe essere al posto perché non vorrei accelerare il lavoro altro che in caso di assoluta necessità interessandomi fare un lavoro bellissimo.
Se ha da suggerirmi dei soggetti degli emblemi che vanno scolpiti negli 8 specchietti del Fonte suggerisca pure che mi farà piacere.”
Il parroco rispose al Moriglioni così:
“Illustrissimo Signore
Ho ricevuto la sua preghiera dove mi chiede la data precisa del fonte. A voce le direi e glielo riconfermo per lettera, che doveva essere il 1° di Ottobre, e quindi doveva essere messo a posto nell’ultima settimana di settembre, e io contavo ad aver già fissato Monsignor Arcivescovo. Però per un impegno del suo ministerio mi ha fatto sapere di non potere venire per il primo ma verrà sicuramente il quindici di ottobre terza domenica. Quindi il fonte dovrà essere posto la seconda settimana.”
il 7 ottobre 1933 il Moriglioni riscrive:
“Siamo a sabato sera e ancora non ho ricevuto l’epigrafe promessa da diversi giorni.
Se a Dio piace è tutto disposto per portare martedì mattina prossimo venturo verso le ore 6 per essere ad Antraccoli verso le ore 8 o 8 e mezzo.
Se l’epigrafe mi giungerà anche lunedì mattina siamo in tempo per inciderla sul marmo. Prego tener pronto tutto il necessario in maniera da poter finire in tempo utile per ripartire la sera stessa.
Saluti distintissimi”
Il Fonte ebbe un costo di Lire 2.800.
(Archivio Parrocchiale, Miscellanea 14)
L'inaugurazione ci fu proprio il 15 ottobre e la prima battezzata, direttamente dal Vescovo, fu Gemma Guidi.



I CONFESSIONALI
I confessionali che oggi non vengono più utilizzati ma che fanno parte dell'arredo della nostra chiesa furono ordinati e costruiti nel 1848,di seguito le indicazioni di spesa per la realizzazione:
"Spese di due nuovi confessionali
Per ligniame di noce e castagno lire 202 e 14 soldi
per 2 vetture (per portare il legname) lire 7 e 10 soldi
Per fare lo sfondo per l’incasso dei confessionali, calcina, sporto, opere di scarpellino, di muratore, manovalanza, fare riquadrare d’attorno allo sfondo lire 42 e 15 soldi.
Per vernici, spirito, tinta, colla, colla di spicchio, chiodi, bullettoni, punte di parigi ed altri necessari lire 58 e 17 soldi
per defondere tavole di noce, intagliare, tornire lire 88 e 9 soldi
Per n. 4 immagini, 4 gratelle, n. 50 fogli di latta e altro lire 22 e soldi 1
Per serramenti lire 16 e 15 soldi
Per far lustrare detti lire 36 e 2 soldi
Per disegno dei suddetti tempo consumato lire 15
Per n. 139 opere di fallegname lire 298 e soldi 10
per l’assistenza dell’Operaro lire 6 e 18 soldi."



RITRATTI IN CANONICA
All'interno della canonica, sono affisse due tele dipinte con soggetti Vescovi o Rettori? Ho chiesto aiuto ai funzionari dell'Archivio Diocesano e mi hanno confermato che non vedono somiglianze con i vari Vescovi lucchesi le cui immagini sono dipinte nel salone delle riunioni del Palazzo Arcivescovile. Quindi il mistero resta, che fossero stati Rettori di Antraccoli? Accetto suggerimenti.



LAPIDI MARMOREE
A metà della navata della nostra chiesa, (oggi sono state spostate in fondo sotto l'organo) ci sono due lapidi di marmo con le seguenti iscrizioni:
Lapide posta sulla parete di sinistra:
D.O.M.
AETERNAM DEI GLORIAM
IMMORTALEMO ANIME SVUA SALVTEM IN MENTE HABENS
CAROLVS TOFANELLVS DE ANTRACCVLE
AD HANC DEIPARAE ARAM XXXXX ANNVA SACRA
VNVM CVM CANTV PRIVATA TRIA
PER DIEM DIVO CAROLO DICATVM
CAETERA DIEBVS DOMINICIS CELEBRARI VOLVIT
RELICTO AD ID PRAE DIO
VNDE XXVI FRVMENTI STARIA EXIGVNTVR
QVEMADMODVM N PVBLICIS TABVLIS
FRAN. MANSI.N.PL.DIE XXIV OCTOBRIS DCXCL PATET
TAM PIAE VOLVNTATI OBSERVVIT
BERNARDINVS VECOLI.N.L.VTI RECTOR HVIVS ECCLESIAE
ET SEBAST.PELLI PRIM. HVIVS CAPLIAE RECTOR
HOC POSTERIS MONIMENTVM EXTARE CVRARVNT
AN.A.VIRGINIS PARTV.M.DCC
Questa iscrizione ricorda la fondazione della Cappellania dedicata a San Carlo da parte di Carlo Tofanelli.
Carlo Tofanelli di Antraccoli, per la salvezza della sua anima chiede che vengano celebrate 50 messe, una cantata e tre piane il giorno di San Carlo e per questo lascia alla chiesa staia 26 di grano come per atto di Ser Francesco Mansi nel giorno 24 ottobre 1691, dovrà essere osservata dal rettore Bernardino Vecoli e dal cappellano Sebastiano Pelli e questa targa servirà per avvertire i posteri. Anno 1700.
Lapide posta sull'altare di destra:
D.O.M.
PIA MOTVE DEVOT. PLANO QVALT FESTIVA DIE
COLI IVSSIT SACRIFICIO ALTARE DEI NOI DICATVM
IN ECCLESIA S. MICHAELI DE ANTRACCVLE CVI LAICALI
ERECTA OFFICIATVRA PLVRA BONA SVPP ET DE
CELEBRANTE ET ELECTORE AMBOBVS DE FAMILIA
MARCI PELLI DICTI LOCI SERVATIS CONDITIONIBVS VT
IN PVB DOCVMENTIS SVB ROG NOB DOM SALADINI
1684 18 8BRIS ET NOB FRAN MANSI 24 8BRIS 1691
AD DIVINI NOMINIS GLORIAM ET EIVS ANIMAE SVFFRAGIV
ABVNDE PROVID STEPH Q ALEX TOFANELLI DE ANTR.
Anche in questo caso c’è il ricordo della fondazione da parte di Stefano del fu Alessandro Tofanelli di un’altra cappellania e ricorda anche quella del fratello a cui fa riferimento la lapide precedente.

Prima del restauro

Dopo il restauro

Dopo il Restauro

Prima del restauro
L'ORGANO
"Paolo Lorenzo e Raffaello figli di Michelangelo Paoli costruirono l'anno 1856"

Prima del restauro

Dopo il restauro

Dopo il Restauro

Prima del restauro




IL CIMITERO
Originariamente il cimitero era addossato alla chiesa, nelle carte si parla della terra dove sorge la chiesa con cimitero annesso, nel disegno settecentesco che ho proposto sopra infatti la zona cimiteriale è quella segnata con la lettera P, quindi tutto sotto il piazzale di fronte alla chiesa e probabilmente anche a lato nord. L'unico riferimento antico che ho trovato annotato in un registro parrocchiale è questo:
"24 febbraio 1394
Convocati tutti gli uomini del comune di Antraccoli nel quale fu murato certa parte del cimitero lo quale gostò assai allopera e però per utilità dell’opra in onore del comune e tutti insieme providdeno. Che qualunque persona si vorrà fare sotterrare in del chiostro e cimiterio murato tralla chiesa e la calonica dalla parte del murazzo e sia da quindici anni in suso debba dare all’opera fiorini uno d’oro e grani mezzo staio, e così fu votato in comune salvo Iacopo Puccinelli che contraddisse.
E lo cittadino salvatico dia fiorini due.
Luporo di Coluccino del suddetto comune morì e paghò a Domenico di Corsino fiorini uno".
Quindi si intuisce che i luoghi di sepoltura erano tutti intorno alla chiesa, probabilmente anche di fronte alla canonica che si presuppone fosse sempre più o meno nel posto di oggi.
Nei registri parrocchiali la prima volta che viene detto “si seppellì in cimitero” fu nell’aprile del 1632, infatti a volte si specifica che il defunto viene sepolto in cimitero da lato della chiesa verso settentrione.
L’unica eccezione ci fu per quasi un anno dall’aprile 1640, in quel periodo i defunti erano “sepolti fuori dal cimitero, dove si interravano in tempo di interdetti” non sappiamo però dove fosse questa zona di sepoltura.
Per approfondire l’argomento: nell’aprile del 1640 la Repubblica di Lucca venne colpita dall’interdetto. Dopo quasi un secolo di dominio dei Vescovi Guidiccioni, si profilava una successione turbolenta all’ultimo, Alessandro Guidiccioni; i favoriti tra l’aristocrazia lucchese era la famiglia dei Franciotti che aveva raggiunto agli inizi del 1600 l’apice del successo mercantile. Altre influenti famiglie non erano però in accordo con questa ascesa che li avrebbe visti al potere sia civile che ecclesiastico. Divenne Vescovo di Lucca e la tensione in città salì sempre di più fino a culminare nel 1639, dopo vari arresti e controversie nei confronti della famiglia Franciotti, quando il cardinale Franciotti da Roma riuscì a far muovere una scomunica nei confronti di coloro che avevano ufficialmente decretato la rovina della sua famiglia era il 29 marzo 1640, fu seguito da parte del Vicario del Vescovo la comunica dell’interdetto alla repubblica di Lucca.
Che cosa succedeva durante l’interdetto:
“- Era vietato celebrare messe ed altri divini uffici nelle chiese, salvo che a porte chiuse, con voce sommessa, senza suono di campane, e senza intervento di persone laiche.
- Era vietato l’amministrare l’Eucarestia fuorché agl’infermi.
- Era vietato il celebrare matrimoni con ecclesiastiche solennità.
- Era vietato il dar sepoltura in luogo sacro ai defunti.”
(Sommario della Storia di Lucca, G. Tommasi, Arnaldo Forni Editore, Firenze 1847, pag. 564)
(La questione dell’Interdetto a Lucca nel secolo XVII, R. Mazzei, in Rivista Storica Italiana anno LXXXV fascicolo I, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1973, pag. 168)
Nel 1664 in un riepilogo di rendite conservato presso l’archivio parrocchiale, notiamo un appunto che spiega come l’opera avesse preso un terreno contiguo al cimitero già esistente, per seppellirvi gli appestati, non sappiamo da che lato, probabilmente ancora verso nord?
(Archivio Parrocchiale, Miscellanea 11)
Le sepolture che oggi sono sotto il loggiato, sono molto antiche, non sappiamo quando furono costruite, i primi riferimenti all’interno del volume dei morti dell’Archivio Parrocchiale sono del 1639, quando si comincia a indicare anche la sepoltura del defunto, come ad esempio:
- fuori nella sepoltura a destra
- sepolto fuori a sinistra della porta della chiesa
- fuori nella sepoltura a destra della porta grande sotto la loggetta
e ce ne erano anche altre all’interno della chiesa stessa, come ad esempio:
- nella sepoltura in fondo alla chiesa nel canto
- nella sepoltura nel canto della chiesa al lato della porta grande
- si interrò nella sepoltura di mezzo tra quella del canto e quella che è tra un altare e l’altro
- nella sepoltura a mezzo di chiesa
- nella sepoltura di mezzo vicino al canto della chiesa con la lapide tonda
- nella sepoltura a mezzo la chiesa tra l'altare di Gesù e l'altare della madonna nella sepoltura dell'opera già anticamente dei Sacerdoti
- nella sepoltura di chiesa nella prima a man manca a canto a cancelli
- nella sepoltura in fondo alla chiesa di rimpetto alla Pila del acqua benedetta
I Sacerdoti invece venivano sepolti nella sepoltura dei sacerdoti davanti all'altare maggiore.
- si interrò nella sepoltura in mezzo alla chiesa tra l’altare della madonna e l’altare di Gesù (Sepoltura dell’Opera) e fu la prima dopo che fu cavata detta sepoltura.
Queste sepolture per ovvi motivi, a volte dovevano essere bonificate, ovvero venivano tolti i resti dei defunti più vecchi che ormai erano divenuti ossa, cosa ne facessero a quel punto delle ossa non lo so. Pensate soltanto il lavoro di calarsi all’interno di dette sepolture e riportare sui resti di decine di corpi…
Verso la metà del 1700 si inizia a differenziare le sepolture tra uomini, donne e bambini; quindi, troviamo:
- in Chiesa nel sepolcro degli uomini. Il primo dopo aver evacuato la sepoltura, e rifattani la pietra nuova di marmo a spesa dell'opera e in parte della compagnia della stella
- (una donna) sepolta in chiesa, la prima dopo il cavare e pulire le sepoltura
- sepolto fra i fanciulli
continuarono praticamente ininterrottamente a seppellire gli abitanti nelle sepolture comuni, poi verso i primi del 1800 cominciano a vedersi anche le prime sepolture “in cimitero” non si sa se fosse nella zona di oggi, ma non credo, penso che fosse comunque la zona antistante la chiesa lato ovest.
Durante l’epidemia di Colera del 1855 si specificava che il defunto era seppellito “con calce” nel cimitero, per prevenire ulteriori contagi che sarebbero emersi se fossero stati ammassati nelle sepolture comuni.
Solo nel 1877 si dice per la prima volta “cimitero nuovo” e doveva essere sicuramente quello che abbiamo adesso, anche se di ridotta dimensione.
Presso l’archivio di Stato è conservato sotto il fondo “Prefettura di Lucca” un fascicoletto circa il cimitero di Antraccoli, datata 1874, data in cui probabilmente si cominciò a pensare all’ampliamento.
Comunicazione del giugno 1874:
Lucca 24 giugno 1874
La commissione nominata con lettera di questa Prefettura si recò a visitare il Campo Santo ad Antraccoli il 22 corrente. Ivi prese in esame le due diverse località designate dal Sig. Ingegnere Comunale colle lettere A e B, e potè riscontrare quanto appresso:
Per il luogo progettato sotto lettera B non potersi accordare comunque di faccia alla chiesa, perché è a distanza da un gruppo di case a metri 46.
Quanto all’altro designato con lettera A è situato nei beni di diretto dominio della Rettoria e livello di Bartolomeo e Giacinto Guidi, sia per la distanza dal caseggiato e per la comodità alla chiesa, come anche per la felice esposizione ai venti del nord, sembra che possa essere adoperato anche nella misura di mq. 632 proposta dal Sig. Ingegnere Comunale perché tanti sono sufficienti alla inumazione dei 21 morti annui che la popolazione di Antraccoli di 830 individui ha in media.
Crede adunque da approvarsi questo luogo per ogni rapporto, e dall’esame attuale anche per la qualità e giacitura del terreno essendo ora nella stagione estiva in cui le piogge raramente cambiano le condizioni di quel terreno.
Ma avendo assunto informazioni sul luogo la Commissione venne a sapere come nell’inverno e specialmente quando è molto più piovoso del solito, quel campo ove si propone il Cimitero alquanto basso di piano, rimane inondato dalle acque che più specialmente vengono dal lato di settentrione. E non può a meno di richiamare l’attenzione del Sig. Ingegnere su detta circostanza onde evitare che il detto Campo Santo possa essere inondato dalle acque.
Ad ottenere ciò vedrà il prefatto Sig. Ingegnere se basti circondare il Campo Santo di una profonda fossa di scolo, o se convenga rialzare il piano con terra di riempimento, o se invece creda opportuno portare il Campo Santo sul lato opposto della strada nel campo a mezzogiorno di proprietà di certo Bartolomeo Celli, il quale campo è più elevato circa m. 0,30 ed ha la strada che fa una specie di argine alle alluvioni che possono venire da settentrione.
Questo campo come l’altro del Guidi, presenta favorevoli condizioni fisiochimiche ed è distante anche più del primo dalle abitazioni per cui la Commissione emette già di ora un moto favorevole anche per questo, quando il Sig. Ingegnere vedrà di … le osservazioni fatte intorno al luogo di lettera A.
Il 20 agosto 1874, il comune di Lucca sollecita la chiamata del parroco di Antraccoli per affidare loro l’esecuzione dei lavori del cimitero, come si è sempre usato in simili circostanze. Per costruire il cimitero nuovo nel punto A. (questo punto A, è stato scelto direttamente dal consiglio comunale poiché la popolazione preferiva la scelta del punto B).
In principio, infatti, il cimitero era un quadrato, la cappellina fu costruita subito; infatti, quando morì nel 1878 il Rettore, Pasquale Bianucci, viene riportato che: “deposito murato nella parte destra della Chiesina del Campo Santo di questa cura come si vede dalla supposta sepolcrale effige”. Non ho idea se ci sia ancora.
L’ampliamento del cimitero verso ovest avvenne soltanto dopo il 1950, mia zia Pierina Pelli, fu infatti traslata, insieme a tutte le altre sepolture che erano addossate al muro ovest che venne demolito per allargare la zona.
Presso l’archivio comunale di Lucca c’è questa richiesta fatta da parte del parroco di Antraccoli che viene discussa in sede di Giunta in data 22 novembre 1948
193
PROGETTO PER LA COSTRUZIONE DI LOCULI SOPRAELEVATI NEL CIMITERO DI ANTRACCOLI
Sull’oggetto n. 7 dell’ordine del giorno, riferisce l’Assessore ai LL.PP., il quale dà lettura alla seguente relazione:
“Signori consiglieri,
Nel decorso anno il Parroco di Antraccoli fece presente all’Amministrazione Comunale l’insufficienza del Cimitero in relazione specialmente alla richiesta di tombe privilegiate ed anche per la ristrettezza del campo destinato alle tombe comuni, richiedendo un ampliamento del Cimitero stesso.
In esito a sopralluogo l’Ufficio tecnico comunale poté accertare che la superficie destinata alle inumazioni comuni, detratta l’area delle tombe privilegiate e quella occupata dal viale e dalla Cappellina, si poteva considerare pari a mq. 370, mentre dal calcolo eseguito sulla base del D.L. 21/12/942 n. 1880 sul regolamento di polizia mortuaria, tenuto conto della mortalità media annua nell’ultimo decennio, la superficie occorrente per le inumazioni comuni, risulta di mq. 361, inferiore quindi a quella realmente disponibile nell’attuale Cimitero.
Da tale risultanza era logico dedurre che anche se si potesse parlare di insufficienza di area del Cimitero ciò era esclusivamente da ascriversi alla forte richiesta di tombe privilegiate e che pertanto fosse logico pensare alla costruzione di loculi sopraelevati da costruirsi di fianco alla Cappellina esistente, onde far fronte alla future richieste per le tombe stesse, ma che non era assolutamente il caso di prospettare un ampliamento del Cimitero medesimo, come il Parroco richiedeva.
In dipendenza di quanto sopra esposto l’Ufficio tecnico comunale ha provveduto alla compilazione del progetto per la costruzione di n. 32 loculi sopraelevati, dal lato di levante della Cappellina del Cimitero in parola, come risulta dai disegni allegati. La spesa che si prevede necessaria per la costruzione dei suddetti loculi ammonta a Lire 615.000 di cui Lire 55.711,98 a disposizione per imprevisti.
Tale spesa peraltro si riduce effettivamente ad una semplice anticipazione di fondi, in quanto, con le concessioni a tariffa delle tombe privilegiate e che si andranno a costruire il Comune ricupererà integralmente, la somma di cui sopra ed inoltre gl’interessi relativi e gli oneri di carattere generale, per il che non si rende nemmeno necessario di procedere alla contrattazione di apposito mutuo.
Pertanto i signori Consiglieri, a nome della Giunta Comunale io vi propongo id approvare il progetto di costruzione dei loculi sopraelevati nel Cimitero di Antraccoli così come redatto dall’Ufficio Tecnico comunale.
Nessuno chiede di parlare, il Presidente pone a partito per alzata e seduta la proposta del Relatore e riscontrati i voti assistito dagli scrutatori, constata e proclama che il Consiglio approva all’unanimità.”
Successivamente in data 3 ottobre 1949
154 AMPLIAMENTO DEL CIMITERO PER LA FRAZIONE DI ANTRACCOLI
Sull’affare n. 8 dell’ordine del giorno, riferisce il Sen. Martini che legge la seguente relazione:
“Signori Consiglieri, già dal decorso anno il Parroco di Antraccoli, facendosi interprete dei desideri della popolazione e spinto dalla riscontrata insufficienza del terreno a disposizione nel Cimitero per le inumazioni comuni, chiese all’Amministrazione Comunale l’ampliamento del Cimitero medesimo. In esito a sopralluogo l’Ufficio tecnico comunale poté accertare che la precitata insufficienza era da ascriversi alla eccessiva richiesta di tombe privilegiate oltre che ad una poco razionale distribuzione delle sepolture nel campo comune, analogamente a quanto si sta verificando in altri Cimiteri. Restava comunque accertata la mancanza quasi assoluta di spazio disponibile, tenuta presente la rotazione decennale dei posti comuni e pertanto il predetto ufficio ha provveduto a compilare l’apposito progetto di ampliamento, che sottopongo al Vostro esame. Tale progetto prevede l’ampliamento dal lato di ponente, per tutta la lunghezza e per una larghezza di m. 10,80 con un complesso di mq. 375 in cifra tonda, mentre la superficie del terreno da espropriare è leggermente superiore onde tener conto del metro di rispetto intorno al muro di cinta e di due metri sul prospetto del Cimitero nel caso di un eventuale nuovo cancello di accesso.
I principali lavori previsti sono:
1) Demolizione del muro di cinta a ovest per dar luogo all’ampliamento;
2) scavo di terreno fino alla profondità di m. 2,50;
3) provvista e mescolamento di sabbia nella misura del 30%;
4) costruzione di muri di cinta in muratura ordinaria;
5) cordoni in pietra arenaria per formare i nuovi viali;
6) costruzione di zanelle e fornitura di ghiaino;
La spesa per i lavori sopra descritti, come rilevasi dall’allegato preventivo, ammonta a Lire 1.492.000
Nessuno chiedendo di parlare, il Presidente mette ai voti l’ampliamento del Cimitero in oggetto ed il Consiglio, ad unanimità di voti, espressi con alzata di mano, l’approva, come accertato dagli scrutatori.”
Gli ulteriori ampliamenti fanno parte della storia recente.




LA CROCE PENITENZIALE
La croce sorretta sulla base rivestita in marmo che c’è all’ingresso del vialetto che porta alla chiesa e al cimitero (oggi ampiamente deturpata da parte di ignoti con pennarelli indelebili che, a mio parere fanno vergogna) era stata eretta da parte del popolo di Antraccoli nel 1854, quando il Parroco chiese scrivendo direttamente al Papa, di poter avere una indulgenza.
Questo il testo della richiesta e la risposta da parte del Vaticano:
Beatissimo Padre
Il parroco della Chiesa di San Michele Arcangelo di Antraccoli, Diocesi di Lucca, avendo fatto erigere a richiesta dei suoi parrocchiani una croce sulla Piazza di detta Chiesa, con erogarvi anche parte di una somma di denaro già appartenente alla soppressa Congregazione della Beatissima Vergine sotto il titolo della Stella, segretamente restituita, per suffragare anche le anime di quei fedeli che appartenevano a detta Congregazione; Supplica che si possa lucrare l’indulgenza di giorni trecento applicabile anche per le anime del Purgatorio da chiunque reciterà un Pater ed un Ave Maria
Chell
Datata 13 Maggio 1854
Il Papa Pio IX risponde positivamente ma i giorni di indulgenza vengono fissati in 50, e non 300 come richiesto dai nostri..
Sul lato sud della base è infatti incisa la seguente frase (sfido chiunque a leggerla adesso con le scritte vandaliche)
SUA SANTITA’ PIO IX
CONCEDE 50 GIORNI DI
INDULGENZA APPLICABILE
ANCHE ALLE ANIME DEL
PURGATORIO A CHI RECITA
IL PATER AVE E GLORIA
MDCCCLIV
mentre sul lato nord c’è la seguente frase: MISSIONI PADRI PASSIONISTI 1° APRILE 1928
Come consuetudine, la nostra Croce penitenziale riporta i simboli classici della penitenza del Cristo, nella nostra sono posti così.
dal basso verso l’alto
i dati con cui i soldati romani si giocarono gli averi di Gesù
la colonna della flagellazione
La scala per raggiungere il corpo di Gesù per la deposizione
Il gallo che simboleggia il tradimento di Pietro
le due lance, una con cui venne trafitto Gesù e l’altra con la spugna imbevuta di aceto.
i tre chiodi con cui fu crocifisso (non sono sicura)
una bacinella dove Ponzio Pilato si lavò le mani
Il velo della Veronica dove è impresso il volto di Gesù
Il calice dell’ultima cena,
La corona di spine
targa con scritta la condanna (INRI)
Nelle braccia della croce da sinistra a destra
La mano con il guanto con cui fu schiaffeggiato
le tenaglie per la deposizione
lanterna usata dalle guardie per riconoscere Gesù nell'orto del Getsemani
Il martello con cui fu inchiodato
il vestito che fu venduto
Nel 1902 c’è un appunto di spesa fatta per la festa alla posa della nuova Croce celebrata il 25 maggio.
Le feste si celebravano durante la visita dei frati Passionisti che tornavano dalle missioni, in questo anno probabilmente venne sostituita la croce del 1854.
In questo giorno partecipò anche la banda di Guido Monaco e vennero spese 50 lire in fuochi d’artificio!